Cina, chiuse le indagini contro Zhou Yongkang: rischia la pena di morte
Pechino (AsiaNews) – Corruzione, abuso di potere e compravendita intenzionale di segreti di Stato. Sono queste le accuse formali presentate dal Procuratorato Supremo del Popolo cinese nei confronti di Zhou Yongkang, ex “zar” della sicurezza nazionale e membro della Commissione permanente del Politburo. L’organismo ha annunciato di aver chiuso le indagini contro il politico – un tempo uno degli uomini più potenti della Cina – e ha affidato il processo politico più importante dell’era Xi Jinping al Tribunale n° 1 di Tianjin. Se ritenuto colpevole, rischia la pena di morte.
L’inchiesta contro Zhou si è aperta nell’agosto del 2013, un anno dopo il suo ritiro dalla vita politica attiva, e rientra nella campagna “contro le tigri e le mosche” della corruzione lanciata dal presidente Xi subito dopo la sua presa di potere. L’ex “zar” della pubblica sicurezza è accusato di aver intascato “enormi tangenti” durante tutta la sua carriera: egli è stato vice direttore generale della China National Petroleum Corporation; capo del Partito comunista del Sichuan; capo del ministero della Pubblica sicurezza e capo della Commissione centrale politica e per gli Affari legali.
Secondo il comunicato ufficiale del Procuratorato, pubblicato questa mattina, “l’abuso di potere compiuto da Zhou ha portato enormi perdite nei fondi pubblici e ha danneggiato in maniera seria gli interessi nazionali e pubblici, causando un impatto sociale negativo”. Tuttavia, gli inquirenti non hanno dato informazioni sull’accusa di aver svenduto segreti di Stato.
Anche se questo processo nasce nell’ambito della campagna anti-corruzione, gli analisti ne sottolineano anche “l’enorme importanza politica”. Il rapporto annuale pubblicato nel febbraio 2015 dalla Corte Suprema del Popolo riporta come l’ex ministro abbia “minato la solidarietà all’interno del Partito comunista e si sia impegnato in attività politiche non approvate dalle autorità”.
In effetti, molti commentatori ritengono che in realtà la campagna contro la corruzione di Xi Jinping sia in realtà una scusa per eliminare fazioni e singoli politici rivali. Secondo David Shambaugh, uno dei massimi esperti di affari cinesi al mondo, proprio l'aumento della repressione contro la dissidenza "sta portando il Partito al collasso. Se continua così, il presidente rischia un colpo di Stato".
Nato nel 1942, Zhou si è iscritto al Partito nel 1964 e ha studiato all'istituto del petrolio a Pechino (divenuto poi l'università cinese del petrolio). Entrato nell'industria dell'energia, negli anni '90 è divenuto capo della China National Petroleum Corp. (Cnpc), potentissima indistria statale dell'energia.
Nei mesi scorsi molti degli amici e segretari di Zhou sono stati messi sotto inchiesta. Fra essi anche alcuni suoi familiari - fratello, figlio, nuora, cognata,... - implicati nella rete di amicizie e di guadagni del mondo dell'energia.
Nel 2002, Zhou è entrato nel Politburo come ministro della sicurezza. Sotto la sua leadership questo ministero ha avuto un budget annuale più alto di quello della difesa, rafforzando il controllo della società, ampliando i corpi di polizia, dando potere di imprigionare senza processo dissidenti, personalità religiose, portatori di petizioni, contadini che lottavano contro il sequestro delle terre, assediando villaggi e sparando sulle folle.