Chiese protestanti indiane: un ‘Protocollo verde’ in 12 punti per salvare l’ambiente
L’iniziativa è della Church of South India, che comprende 4,3 milioni di fedeli. Soluzioni pratiche per contrastare il riscaldamento globale. Una risposta al disastro ambientale provocato dalle alluvioni in Kerala.
New Delhi (AsiaNews) – Non costruire chiese lussuose; utilizzare lampadine al Led; piantare alberelli e ricordare di innaffiarli; al posto della plastica, utilizzare piatti in acciaio durante le funzioni religiose; per evitare lo spreco di acqua e sapone, servire il cibo su foglie di banano o carta oleata. Sono alcune delle soluzioni pratiche proposte dalla Church of South India (Csi), la seconda più grande denominazione protestante in India.
Ne parla ad AsiaNews Mathew Koshy Punnackad, direttore del Dipartimento sulle questioni ecologiche del Sinodo della Csi. Egli riporta che le soluzioni sono contenute in un’iniziativa dal titolo “Protocollo verde per un ‘Discepolato verde’”. Il documento, aggiunge, “si sviluppa in 12 punti ed è stato inviato a tutte le diocesi per raccogliere pareri e commenti. A breve verrà approvato e coinvolgerà almeno 4,3 milioni di fedeli della Csi”.
Nel testo si legge che “l’obiettivo è promuovere pratiche di sviluppo sostenibile per costruire il potere del cambiamento”. Le linee guida del documento prendono le mosse dalla catastrofe umanitaria e ambientale avvenuta in Kerala lo scorso agosto. Qui le alluvioni hanno inondato interi villaggi, distrutto case e strade, costretto alla fuga migliaia di persone e provocato oltre 400 morti.
Secondo il dott. Punnackad, “le recenti alluvioni in Kerala non possono essere considerate un incidente isolato. Già nel documento sul cambiamento climatico del 2014, l’Onu aveva messo in guardia da ‘eventi atmosferici estremi’. Noi gli effetti del cambiamento climatico li abbiamo visti nel sud dell’India: nel 2015 l’alluvione a Chennai, nel 2016 in Assam, nel 2017 il ciclone Ockhi a Kanyakumary e in Kerala, e infine nel 2018 altre piogge in Kerala”.
Di fronte all’immane devastazione provocata dalla forza della natura, continua il direttore, “e nonostante la Church of South India sia impegnata in programmi di formazione e seminari, ci siamo resi conto che non abbiamo il controllo delle cose. Per questo abbiamo organizzato delle consultazioni con alcuni esperti per studiare come mitigare [gli effetti] e adattarsi alle alluvioni. Crediamo che la Chiesa abbia un ruolo profetico e debba dotare le persone degli strumenti per contrastare il riscaldamento globale”.
Durante queste consultazioni, avvenute il primo settembre scorso all’Eden Eco Spirituality Centre di Othera (Kerala), è stato ribadito che “esiste un legame cosciente tra cambiamento climatico e giustizia climatica” e che l’ambientalismo inteso come “impegno per la protezione del creato, è una missione della Church of South India”.
Da qui il Protocollo in 12 punti. Tra i più significativi: la richiesta ai Paesi sviluppati di cambiare il loro paradigma di sviluppo che si basa sullo sfruttamento dei combustibili fossili; l’invito a ridurre l’uso delle lampadine elettriche nelle chiese durante il giorno, e a preferire sistemi d’illuminazione a Led o l’energia solare; raccogliere l’acqua dai tetti e riciclarla; eliminare l’uso della plastica utilizzando piatti in acciaio; fare costruzioni eco-friendly ed evitare di edificare chiese troppo grandi rispetto alla capienza effettiva dei fedeli; condividere lo stesso luogo di culto con altre denominazioni, che darebbe il buon esempio non solo per l’ecumenismo ma per un efficiente utilizzo delle risorse; ridurre la produzione dei rifiuti imparando a riciclare; non usare pesticidi chimici nei campus delle chiese; accogliere gli ospiti dei meeting non con fiori, ma con alberelli da piantare; promuovere le coltivazioni biologiche al posto degli Ogm; usare i mezzi pubblici per andare in chiesa o il car-sharing tra i fedeli.
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