Chiesa vietnamita in campo per la lotta al traffico di vite umane
La pandemia di nuovo coronavirus non ha fermato un commercio contraddistinto da abusi, violenze e sfruttamento, in gran parte verso la Cina. Il 90% delle vittime sono donne o ragazzine, anche giovanissime; di queste, l’80% appartengono alle minoranze etniche. Dalle parrocchie e dalla Caritas campagne di sensibilizzazione e aiuto alle vittime.
Ho Chi Minh City (AsiaNews) - La pandemia di nuovo coronavirus che ha imposto chiusure e restrizioni in gran parte del mondo non ha fermato il sempre più fiorente traffico di vite umane in Vietnam, che colpisce donne e bambini indifesi. Un commercio favorito dai 4mila km di confini con Laos, Cambogia e Cina che attraversano 25 province e si snodano in sentieri, aree forestali e vie commerciali ben note e battute dai affaristi senza scrupoli.
Negli ultimi anni giovani o donne, soprattutto fra le minoranze etniche delle aree rurali e montagnose, sono stati oggetto del traffico, nella maggior parte dei casi oltreconfine con la prospettiva di un “lavoro temporaneo” che si trasforma in “lavoro forzato” o sfruttamento. Non mancano inoltre casi di abusi a sfondo sessuale o traffico finalizzato ad alimentare il mercato della prostituzione.
Secondo i dati diffusi dalla Corte suprema del Vietnam, sono almeno 63 le province interessate da casi di traffico di vite umane. Fra il 2013 e il 2017, oltre 3mila vittime hanno varcato i confini, il 90% delle quali in direzione della Cina. Il 90% di queste sono donne o ragazze, anche giovanissime, di cui l’80% provengono da minoranze etniche.
La pandemia di Covid-19 ha allargato le disparità e diffuso la povertà, peggiorando la situazione di questo traffico. La Chiesa cattolica si impegna in prima persona per contrastare il fenomeno dello sfruttamento. Sono molte le diocesi che hanno promosso attività, campagne di sensibilizzazione, iniziative di carità a favore delle vittime e dei bisognosi, avvalendosi della collaborazione degli esperti e dei volontari della Caritas.
La parrocchia di Tân Khai, nella diocesi di Phú Cường ha promosso con l’ente caritativo cristiano di Bình Long un programma dedicato alle vittime del traffico, attraverso l’iniziativa intitolata “Prevenire gli abusi sessuali e combattere il commercio di persone in parrocchia”. Un fenomeno attuale e ben conosciuto, per una realtà di frontiera (con la Cambogia) e in cui vivono ben 13 minoranze etniche diverse come i Stieng , Khmer, Tày, Thái , Nùng.
A promuovere il programma vi sono i sacerdoti p. Matthew Phạm Trần Thanh, vicario di Tân Khai e p. Joseph Hoàng Đình Khái. Quest’ultimo, al termine di una messa celebrata in questi giorni, ha parlato dei molti modi “di seduzione” che usano i trafficanti per attirare le vittime nelle loro maglie. In particolare donne povere, adolescenti che vivono in circostante difficili e alla ricerca di qualche lavoretto per guadagnare i soldi necessari a sopravvivere. P. Khái fornisce con regolarità linee guida e consigli ai bambini e ai giovani della parrocchia, per capire come e dove cercare informazioni serie in merito a proposte di lavoro ed evitare di finire nella rete degli sfruttatori. A quanti vanno all’estero fornisce anche indirizzi di ambasciate, organizzazioni ed enti umanitari ai quali rivolgersi nel caso di aiuto o necessità, oltre a chiedere i contatti telefonici di due persone per avere informazioni o aggiornamenti in caso di problemi.
La Caritas della diocesi di Phú Cường organizza poi corsi di formazione e di sensibilizzazione contro il traffico di vite umane. I colleghi della diocesi di Hà Tĩnh confermano: “Non è possibile raccontare le conseguenze delle sofferenze patite dalle vittime. Sono costrette alla schiavitù sessuale o al lavoro forzato. Non hanno salario, vengono affamate, picchiate, maltrattate o ne vengono espiantati gli organi per il mercato nero. In poche parole, non sono trattati da esseri umani”.