Chiesa in Sri Lanka: no al diritto all'aborto
Nel Paese una proposta di legge mira a far rientrare l'interruzione di gravidanza tra i diritti della donna, conformandosi a una Convenzione Onu. La preoccupazione della Conferenza episcopale: la legge verrà abusata, salirà il numero di aborti.
Colombo (AsiaNews/Ucan) In Sri Lanka il numero degli aborti è pari se non superiore a quello delle nascite. Secondo i vescovi cattolici la situazione è destinata a peggiorare se verrà approvata una proposta di legge, che mira a far rientare l'aborto tra i diritti della donna.
Secondo stime di Ong per la salute della donna, confermate anche dall'Unfpa (United Nations Population Fund), nel Paese avvengono dai 700 ai 1000 aborti al giorno. Considerato che ogni anno nascono 320 mila bambini - circa 880 al giorno - non è possibile stabilire se siano più gli aborti o i parti.
La cifra allarma la Chiesa cattolica locale, preoccupata anche per una proposta di legge destinata ad aggravare la situazione. Già ad agosto la Conferenza episcopale dello Sri Lanka si è pronunciata contro il "Women's Act": una proposta di legge che prevede il diritto di aborto in caso di violenza sessuale, di rapporto incestuoso o per deformità del feto. La normativa sarebbe in linea alla Cedaw - la Convenzione Onu sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne cui lo Sri Lanka ha aderito nel 1981.
Attualmente nel paese l'aborto è legale solo se la salute della madre è in pericolo; purtroppo tutte le donne che non possono affrontare la "vergogna" di una maternità fuori dal matrimonio o l'impegno di crescere un figlio vedono l'unica via d'uscita nell'aborto illegale; questo è spesso effettuato in cliniche clandestine da personale non qualificato.
I vescovi considerano la normativa inadeguata ad affrontare il problema e temono che incrementerà il numero delle interruzioni di gravidanza: essa può fornire una giustificazione per abortire in qualsiasi circostanza, diventando un'alternativa alla contraccezione.
Mons. Marius Peiris, vescovo ausiliare di Colombo e segretario generale della Conferenza episcopale, ha dichiarato che "ci sono momenti in cui le donne devono prendere decisioni cruciali in momenti molto difficili, e devono essere capite con compassione. Ma non possiamo accettare che una cultura di morte diventi una regola di vita comune". In una dichiarazione congiunta dei vescovi risalente al 24 agosto si legge che "la discriminazione nei confronti delle donne va deplorata, e i loro diritti devono essere tutelati". Tuttavia, i presuli si dicono "preoccupati che l'Onu consideri 'discriminazione contro le donne' il non permettere l'aborto". In molti temono abusi della legge con i giovani che la utilizzerebbero come facile via d'uscita nel caso di gravidanze indesiderate.
Ishan Dias, un medico specializzato in materia, ha organizzato conferenze per religiosi e laici dove ha parlato della "gravità del problema aborto" proponendo al sua soluzione. Molte ragazze che scelgono di abortire, ha detto, sono lavoratrici delle piantagioni di thé. "Sono disinformate e provano solo paura, vergogna e disperazione. È a questo livello il problema: mancano centri per aiutare e consigliare le ragazze in difficoltà". "La questione è seria - continua - e se la legge passerà allora non ci saranno più scuse per le ragazze che non vogliono abortire, perché fidanzati e mariti insisteranno che è legale". Il medico ha dichiarato nei suoi colloqui che invita gli uomini a prendersi le loro responsabilità e a non incoraggiare l'aborto solo perché "hanno fatto un errore".25/02/2005