Chiesa filippina: carceri “disumane”, troppi detenuti in cella senza condanna
Manila (AsiaNews/Cbcp) - La maggior parte dei detenuti rinchiusi nelle carceri filippine è stipata all'interno di celle sovraffollate, per anni, senza nemmeno un capo di imputazione preciso o una sentenza di condanna. È quanto riferisce la Commissione episcopale per la Pastorale delle carceri (Ecppc), secondo cui solo il 35% dei 114.368 prigionieri che fanno riferimento al Dipartimento carcerario e della pena (Bjpm) e del Dipartimento per la correzione (BuCor) sono colpevoli secondo la legge. Il restante 65% sono solo sospetti o incriminati in regime di detenzione preventiva, ma non hanno mai subito una condanna. "Essi sono rinchiusi perché i presunti crimini commessi non prevedono il rilascio su cauzione" sottolinea Rodolfo Diamante, segretario esecutivo Ecppc, oppure "non sono in grado di pagare la somma" stabilita dal giudice.
Fra i fattori che alimentano la congestione delle carceri, la durata dei processi e le "gravi carenze" intrinseche al sistema carcerario nazionale che determinano condizioni "disumane". A questo si aggiunge un budget insufficiente, che non è nemmeno in grado di "rispondere ai bisogni di base dei detenuti" aggiunge il leader cattolico filippino.
Le drammatiche condizioni delle carceri sono inoltre peggiorate da ripetuti abusi di potere da parte delle autorità, che sfociano in casi documentati di maltrattamenti, abusi sessuali, estorsioni dei prigionieri; violenze e vessazioni sono inoltre il risultato della "lotta per la supremazia" fra i vari detenuti, che si associano sovente allo "sfruttamento della manodopera" carceraria per profitto o tornaconto personale.
Le categorie soggette agli abusi sono i giovani, le donne, i vecchi, le persone affette da problemi mentali e i detenuti politici, mentre il carcere da strumento correttivo diventa sempre più spesso luogo di desolazione, privazione, istigazione alla delinquenza.
Il rapporto della commissione dei vescovi filippini giunge in concomitanza con la Settimana che la Chiesa dedica ogni anno alle carceri e alla giustizia. Per Rodolfo Diamante molti dei problemi sono legati al fatto che il sistema carcerario è tuttora basato su una modalità punitiva, dove l'uso della forza è visto come unico mezzo e si è persa di vista la finalità "correttiva". Anche fra l'opinione pubblica la percezione diffusa è che la pena debba "punire il colpevole", aggiunge l'attivista, dimenticando al contempo l'elemento di recupero e reinserimento sociale.
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