Chengdu, ucciso Choje Akong Rinpoche: era il "ponte" del buddismo in Occidente
Chengdu (AsiaNews) - Choje Akong Rinpoche, monaco e grande studioso del buddismo tibetano, è stato ucciso ieri a Chengdu, capitale della provincia cinese del Sichuan. Il religioso, che ha fondato il primo monastero buddista in Occidente e ha passato la vita a diffondere gli insegnamenti del Dalai Lama in Europa, è morto in quella che sembra essere una rissa da strada nata dopo un tentativo di rapina. Insieme a lui sono morti il nipote e un altro monaco che viaggiava con loro.
L'annuncio è stato dato dall'abate del monastero Samye Ling in Scozia, che è anche il fratello del defunto: "Sono molto, molto triste nell'informarvi che a causa di una tragedia mio fratello, mio nipote e un monaco che viaggiava con lui sono stati assassinati. Il Dalai Lama e tutti gli altri leader tibetani sono stati informati e stanno pregando per lui. Siamo in attesa dell'autopsia per riportarlo a casa". La polizia di Chengdu ha annunciato di aver fermato le tre persone sospettate di aver accoltellato il gruppo di monaci: si tratta di residenti dell'area, al momento in carcere.
Il Karmapa Lama, "numero 3" del buddismo tibetano, ha dichiarato: "Sono scioccato. Akong Tulku è stato mio amico da quando avevo 7 anni. Ha aiutato tante persone". Proprio il defunto è stato uno dei membri della commissione incaricata dal Dalai Lama di individuare la 16ma reincarnazione del Karmapa Lama, che nella religione tibetana è il leader dal lignaggio più antico e guida il "sentiero del Diamante".
Choje Akong Rinpoche ha fondato il monastero in Scozia nel 1967 e, qualche anno dopo, ha aperto anche una Ong con lo scopo di aiutare i poveri e "diffondere, per il bene del mondo e del dialogo fra le religioni, la fede buddista tibetana". Nel corso di un suo viaggio in Italia, avvenuto 3 anni fa, ha spiegato l'uso dei mantra come "anestetico naturale" nella medicina tradizionale. Su mandato del Dalai Lama, ha mantenuto i rapporti anche con la Repubblica popolare cinese ed è stato uno dei pochissimi monaci buddisti fedeli al Nobel per la pace a ottenere il permesso di visitare più volte il Tibet.