Cattolici e musulmani uniti nel lutto, dopo la strage degli ismaeliti sciiti a Karachi
Karachi (AsiaNews) – “L’uccisione di persone innocenti in base alla loro fede è inaccettabile. Il governo deve indagare sull’attacco e portare i colpevoli dinanzi alla giustizia”. È il commento a caldo della Commissione nazionale di Giustizia e pace (Ncjp) della Chiesa cattolica pakistana all’attentato terroristico contro un bus di ismaeliti sciiti, avvenuto il 13 maggio scorso a Karachi (provincia del Sindh). Compiuto da estremisti vicini allo Stato islamico (SI), l’attacco ha ucciso 47 persone. Il leader sciiti delle comunità ismaelita e hazara hanno espresso “profondo shock” per quanto avvenuto.
Ieri il Pakistan ha osservato una giornata di lutto nazionale, mentre all’Al Azhar Garden Jamaat Khana – luogo di culto degli ismaeliti a Karachi – sono stati celebrati i funerali di massa delle vittime.
Sull’autobus viaggiavano tra le 60 e le 65 persone. Asfar Wala, 48 anni, uno dei sopravvissuti, racconta: “Eravamo diretti ad Aisha Manzil quando l’autobus è stato circondato da cinque o sei motociclette. Ci trovavamo in un’area isolata. I terroristi sono saliti dalla porta posteriore”.
“Prima – spiega – hanno ucciso il conducente. Poi ci hanno chiesto di inginocchiarci e guardare per terra. I terroristi, uno dei quali senza barba, hanno messo da parte due bambini e poi hanno sparato sugli altri. A quel punto sono scappati via”.
Le istituzioni cattoliche del Sindh hanno annunciato tre giorni di lutto, per esprimere solidarietà alle vittime. P. Nasir John, sacerdote di Karachi, condanna l’incidente: “Noi siamo con la comunità ismaelita, questo è un attacco all’integrità del Pakistan. Nessuno è al sicuro in Pakistan, chiunque può uccidere. È giunto il momento che la nazione prenda sul serio la questione della sicurezza”.
“Questo attacco – ha dichiarato Karim Aga Khan, leader degli sciiti ismaeliti – rappresenta un insensato atto di violenza contro una comunità pacifica. I miei pensieri e le mie preghiere sono per le vittime e le famiglie di quelli che sono stati uccisi e feriti nell’attacco”.
Al momento 150mila sciiti ismaeliti vivono in Pakistan, la maggior parte dei quali nella città portuale di Karachi. AsiaNews ha cercato di contattare diversi leader della comunità, ma tutti si sono rifiutati di commentare, spiegando che “gli anziani della comunità ci hanno proibito di rilasciare dichiarazioni pubbliche”. Tuttavia Barkat Ali Khwaja, leader ismaelita di Jati (Sindh), ha accettato di rispondere a qualche domanda.
“Siamo preoccupati per questa tragedia – afferma l’uomo ad AsiaNews – che è l’ultima di una serie di atti terroristici violenti e inscusabili. Apprezziamo la risposta del governo, che dovrebbe lavorare insieme ai leader politici e alle forze dell’ordine per educare la popolazione e mettere l’interesse nazionale al primo posto”.
Da tempo il Pakistan è teatro di conflitti tra sunniti e sciiti, intensificatisi nel 2011 dopo un attacco simile avvenuto nel distretto di Mastung (provincia del Balochistan). Nella sparatoria morirono 26 pellegrini sciiti della comunità hazara. A causa di simili episodi, negli ultimi due anni sono stati vietati i pellegrinaggi da e per l’Iran senza guardie di sicurezza al seguito.
Abdul Khaliq Hazara, presidente dell’Hazara Democratic Party, ha definito l’attentato di Karachi un “genocidio degli sciiti” e ha chiesto al governo di estendete il National Action Plan anche a Karachi e a Quetta. Il piano nazionale anti-terrorismo era stato presentato nel 2014, dopo l’attentato talebano alla scuola militare di Peshawar, in cui morirono più di 140 persone, la maggior parte bambini.
“Abbiamo assistito a troppe barbarie – ha aggiunto il leader politico hazaro – i terroristi vengono e attaccano in modo aperto. Questo pone delle domande sull’efficacia del National Action Plan e sulle intenzioni dei nostri politici. Le forze dell’ordine devono fare di più per proteggere le comunità più vulnerabili, inclusa quella cristiana”.
12/04/2019 14:26
28/11/2016 13:11