Cattolici criticano la rappresentatività delle elezioni
Hong Kong (AsiaNews) A pochi giorni dalle elezioni parlamentari del territorio, che si terranno il 12 settembre, la commissione diocesana per gli Affari del lavoro ha criticato il metodo elettorale di Hong Kong, richiedendo ancora una volta le elezioni dirette del capo dell'esecutivo e del parlamento.
In un documento pubblicato in questi giorni Lawrence An Chung-yuk, segretario generale della Commissione, fa notare che i parlamentari eletti col metodo rappresentativo delle corporazioni non riflettono le vedute e la sensibilità della comunità. Per questo egli chiede l'eliminazione di questo metodo e l'attuazione del suffragio universale.
Il parlamento di Hong Kong (Legislative Council) è formato da 60 membri. Di questi, 24 sono eletti in modo diretto; 6 da un comitato elettorale governativo; gli altri 30 sono eletti secondo le corporazioni (functional constituencies, Fc), in cui i settori finanziari, del turismo, del commercio, del lavoro, ecc. votano un loro rappresentante.
An mette in luce anzitutto la discrepanza della rappresentatività fra le basi elettorali: per le elezioni dirette vi sono 3,2 milioni di elettori; per le elezioni delle Fc vi sono solo 200 mila elettori, ma per entrambi i settori vi è quasi lo stesso numero di parlamentari eleggibili, e cioè 30. In tal modo un piccolo numero di votanti influenza in modo "sproporzionato" l'assemblea legislativa.
Un'altra discrepanza è che almeno 8 Fc non permettono un voto individuale, ma solo attraverso "organizzazioni". Per esempio, nel settore dei lavoratori, i voti non vengono dagli individui, ma dai sindacati, che votano i loro rappresentanti.
Infine An sottolinea che i parlamentari eletti dalle Fc sono chiamati non solo a decidere su temi legati al loro settore, ma anche su temi che riguardano la vita più larga della comunità. Per tutto questo Lawrence An propone ancora una volta che tutti i membri del Legco vengano eletti attraverso suffragio universale.
La proposta del suffragio universale è stata avanzata dall'80% della popolazione di Hong Kong e da molti circoli accademici. Il governo di Hong Kong ha però messo un veto sulla proposta e Pechino ha bloccato ogni sviluppo avocando a sé il varo di ogni riforma politica.