Caritas: La Siria, campo da calcio dove le grandi potenze usano gli innocenti come palla
I combattenti distruggono con le loro “enormi scarpe” infrastrutture, fabbriche ed edifici. Sfollati, mancanza di cibo, educazione, migrazione, anziani abbandonati e bambini che giocano alla guerra conseguenze del conflitto. Più che gli aiuti, le persone desiderano solo la pace. La lettera appello della portavoce dell’organismo cattolico, in concomitanza con la Giornata internazionale della pace.
Damasco (AsiaNews) - In Siria si gioca “una partita a calcio” fra grandi potenze internazionali, in cui “il popolo siriano” viene utilizzato come “pallone”. E i combattenti in lotta fra loro stanno “distruggendo” con le loro “enormi scarpe” le infrastrutture, gli edifici, le fabbriche e “schiacciando” al contempo le persone. È quanto scrive Sandra Awad, responsabile della Comunicazione di Caritas Siria, 39 anni, sposata e madre di due figli, in una lettera appello inviata ad AsiaNews in occasione della Giornata internazionale della pace.
Elencando i drammi provocati dalla guerra, la portavoce dell’ente cattolico - in prima linea nell’opera di aiuto alle vittime del conflitto - aggiunge inoltre che una sola cosa conta davvero per le persone: la pace. “Tutti noi sogniamo - racconta la portavoce Caritas - il giorno in cui, al mattino, ci sveglieremo e il rumore dei combattimenti sarà cessato. E non dovremo più spaventarci per le grandi scarpe dei calciatori che calpestano il nostro terreno. Perché il gioco sarà finito”.
Istituita il 30 settembre del 1981 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la Giornata internazionale della pace si celebra il 21 settembre di ogni anno. Una ricorrenza, secondo le intenzioni Onu, di pace e di non-violenza, in cui le nazioni e le persone in guerra sono chiamate a cessare le ostilità almeno per l’intera giornata. Per questo la festa è ricordata anche con il nome di “giorno del cessate il fuoco”.
Ecco, di seguito, l’appello inviato della responsabile Caritas. Traduzione a cura di AsiaNews:
Cari amici e collaboratori,
quando sentiamo notizie riguardanti una tregua sulla Siria raggiunta da altri Paesi; e ancora, la decisione di alcune nazioni di sostenere alcuni gruppi armati interni; o gli accordi sul cessate il fuoco per mano di governi stranieri; e proseguendo, l’addestramento e l’invio di truppe combattenti e miliziani in Siria; i caccia di potenze estere che sfrecciano nei nostri cieli, senza il nostro permesso. Tutto questo ci fa sentire come spettatori di una partita di calcio fra grandi potenze internazionali, giocata sul terreno di gioco siriano e utilizzando come pallone “il popolo siriano”.
Sfortunatamente, ciò che sta accadendo nel corso di questa partita è che i contendenti stanno distruggendo - con le loro enormi scarpe - le infrastrutture, gli edifici, le fabbriche e stanno schiacciando al contempo il popolo siriano. Tutto questo riguarda in special modo i poveri, che stanno diventando sempre più maggioranza nel Paese.
Dopo quasi sei anni di guerra, noi - popolo siriano - siamo estenuati! Questo conflitto non sta distruggendo solo il nostro Paese, ma sta anche devastando il nostro animo nel profondo. La guerra ha bussato alla porta di ogni casa in Siria, ha fatto il suo ingresso in ogni appartamento, e ha lasciato tratte dappertutto del suo passaggio. Anche nei nostri cuori.
La guerra ha reso la maggioranza di noi sfollati all’interno del nostro stesso Paese, dopo aver perduto tutti i nostri beni, le nostre memorie dell’infanzia e il nostro passato.
La guerra ci ha reso perennemente insicuri, persino quando siamo all’interno delle nostre case.
La guerra ha impoverito la maggioranza del nostro popolo, che ora non riesce nemmeno a comprare gli alimenti base per sopravvivere o il pane per i propri figli.
La guerra è penetrata all’interno delle nostre famiglie, spezzandole, diventando fonte di disintegrazione.
La guerra ha fatto diventare l’istruzione, la scuola un sogno irrealizzabile per i nostri bambini e i nostri giovani.
La guerra ha riempito le nostre strade di senzatetto, in particolare fra i più piccoli, i bambini.
La guerra ha causato la chiusura delle aziende straniere, delle ambasciate, distrutto le nostre fabbriche e lasciato la gran parte di noi senza un lavoro.
La guerra ha comportato un innalzamento dei prezzi e accresciuto il fardello quotidiano delle nostre esistenze.
La guerra ci ha privato dell’energia elettrica, delle cure mediche, dell’acqua potabile, riportandoci all’età della pietra.
La guerra ci fa battere i denti durante l’inverno, senza possibilità alcuna di riscaldarci o di dare conforto e calore ai nostri figli.
La guerra ci costringe a dire ogni giorno addio ai nostri cari che decidono di emigrare, un desiderio comune soprattutto fra i giovani.
La guerra ha gettato nell’abbandono i nostri anziani, senza più nessuno che sia in grado di prendersi cura di loro, privandoli della loro dignità nell’ultimo scampolo delle loro esistenze.
La guerra è diventata il gioco più divertente e praticato fra i nostri bambini; il conflitto ha fatto il suo ingresso, prepotente, nelle loro discussioni, nel loro modo di pensare, nei loro giochi e ha piagato l’innocenza della loro infanzia.
L’elenco degli effetti della guerra sulle nostre vite è ancora molto lungo; i nostri bisogni sono sempre più grandi e impellenti, a maggior ragione in questo periodo dell’anno. L’inverno si avvicina, sono iniziate da poco le scuole, ed entrambe rappresentano un onere e un grave peso sul piano economico per ogni famiglia siriana.
Sfortunatamente, senza il sostegno infaticabile della Caritas e di altre Ong attive sul territorio in Siria, molte famiglie non riuscirebbero nemmeno a sopravvivere. Molte persone, molte famiglie dipendono da noi, anche se sappiamo bene che il nostro aiuto è come una goccia nel mare di fronte a un bisogno così grande. Mettiamo a disposizione cibo, medicine, soldi per gli affitti, vestiti, sostegno nell’educazione, cura degli anziani, aiuto psico-sociale grazie ai molti progetti in campo; tuttavia, quando chiediamo ai nostri beneficiari cosa conta di più per loro, qual è la necessità più impellente, essi rispondono con un’unica parola: pace!
Tutti noi abbiamo bisogno di pace per ricostruire noi stessi, le nostre vite e il nostro Paese. Tutti noi sogniamo il giorno in cui, al mattino, ci sveglieremo e il rumore dei combattimenti sarà cessato. E che non dovremo più spaventarci per le grandi scarpe dei calciatori che calpestano il nostro terreno. Perché, quel giorno, il gioco sarà finito.
* Responsabile della Comunicazione Caritas Siria