Caritas Siria: Nell'abisso del conflitto, storie di speranza e solidarietà
A otto anni dall’inizio della guerra, almeno 12 milioni di persone vivono in condizioni di estremo bisogno. Le vittime non sono numeri, ma volti. Un giovane che ha perso le gambe nell’esplosione di un missile torna a camminare grazie alle protesi. Una mamma può acquistare il latte in polvere per i suoi gemelli malnutriti. Una casa decorosa e medicine per una coppia di anziani.
Damasco (AsiaNews) - Da poco entrato nel suo ottavo anno, il conflitto siriano continua a mietere vittime innocenti fra la popolazione civile, anche bambini. Secondo gli ultimi dati, almeno 12 milioni di persone vivono in condizioni di urgente ed estremo bisogno. Una crisi umanitaria senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale, che i responsabili della Caritas locale cercano di affrontare portando aiuti e conforto a quante più persone possibile. In primo piano vi sono le emergenze medica e abitativa: circa sei milioni di persone sono state forzate ad abbandonare le loro case e trovare alloggi o un rifugio in uno dei centri di accoglienza sparsi per il Paese. La metà di questi si trovano in zone difficili da raggiungere. Fra gli stessi operatori dell’ente caritativo cattolico vi sono diversi sfollati.
Con l’aiuto di esperti e volontari Caritas attivi sul campo, AsiaNews presenta alcune storie di persone vittime del conflitto, ma che nel momento più buio hanno riscoperto la luce della solidarietà e del sostegno reciproco.
Rabee Zarife ha 15 anni e si è trasferito in centro a Damasco, assieme alla famiglia, quando sono divampate le violenze nel suo villaggio alla periferia della capitale. Il padre è morto quando un razzo ha centrato il negozio di loro proprietà; il giovane è riuscito a salvarsi, ma ha perduto entrambi gli arti inferiori nell’attacco. “Ero a terra, in preda a un dolore fortissimo - racconta - e non riuscivo nemmeno a capire cosa mi fosse successo”. Il suo cuore per un momento smette di battere e le persone accanto a lui credono sia morto. “Una infermiera - ricorda - mi ha coperto il viso, ma ha notato un lieve movimento della mia mano. Mi hanno praticato il massaggio cardiaco con il defibrillatore e sono tornato alla vita. Ho obbedito a mio padre, che mi diceva di restare vivo”.
Un gruppo di attivisti della Caritas ha incontrato Rabee in ospedale, a Damasco, poco dopo l’incidente e ha iniziato un programma di aiuti mirato per lui e la famiglia: cibo, vestiti, cure mediche e sostegno psicologico. A questo si aggiungono i supporti - sedia a rotelle, stampelle, protesi - che hanno permesso al giovane di tornare, in modo diverso, a muoversi e camminare.
Un anno fa, racconta la madre, egli era come un bambino, che “gattonava e mi seguiva” per l’appartamento. “Mi si spezzava il cuore - aggiunge - quando lo vedevo senza gambe. Non so esprimere la gioia che ho provato, quando l’ho rivisto in piedi grazie alle protesi, alla ricerca di una forma nuova di indipendenza”.
Il tasso di povertà in questi anni di conflitto è cresciuto; oggi circa sei siriani su 10 vivono in condizioni di estremo bisogno e non hanno nemmeno il denaro per acquistare cibo e generi di prima necessità. Una di queste è Nessrine, che vive ad Hassakeh, nel nord-est del Paese. La donna non era nemmeno in grado di acquistare il latte in polvere per sfamare i suoi due gemelli, utilizzando quello di mucca. La salute dei piccoli è andata peggiorando e la madre ha iniziato a disperare.
“I loro pianti per la fame - ricorda - si sentivano in tutto il vicinato”. Il latte di mucca non bastava, li faceva sentire deboli e il loro lamento si sentiva a fatica. L’organizzazione cristiana locale ha iniziato a fornire alla donna il latte adatto alla crescita dei suoi bambini, con scorte su base mensile. Di recente un team di medici ha visitato i figli e li ha trovati in buone condizioni di salute. “Senza questo aiuto - sottolinea Nessrine - li avrei persi o avrei dovuto fare i debiti per nutrirli”.
Khaled ha 45 anni ed è originario di Aleppo, ma è fuggito durante il periodo più buio della metropoli del nord, a lungo epicentro del conflitto, trovando riparo con la famiglia in un quartiere povero di Lattakia, cittadina costiera sotto il controllo governativo. “Siamo dovuti fuggire da Aleppo - spiega - perché la situazione era difficile. A Lattakia siamo arrivati in condizioni psicofisiche terribili, con problemi di salute e finanziari […] e non avevamo altro alloggio che una piccola stanza, nel sottoscala di un edificio. Sfortunatamente non ha nemmeno una piccola finestra per darci un po’ di aria o di luce durante il giorno”.
La Caritas ha voluto aiutare questa famiglia contribuendo al pagamento dell’affitto di un appartamento più grande e dignitoso, in un’area più sicura e in cui possono godere della luce del giorno. Sono la luce, conclude Khaled, che “è entrata nelle nostre vite”.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il 57% degli ospedali pubblici in Siria ha subito gravi danni, il 37% non è più funzionante. Dati confermati dal nunzio apostolico card. Mario Zenari, che ad AsiaNews aveva parlato di una situazione “al collasso”. Abu Malek, 75 anni, vive in una tenda assieme alla moglie e lottano per ricevere le cure mediche di cui necessitano. “Siamo anziani - spiegano - e ogni mese abbiamo bisogno di medicine”, ma è un compito arduo perché “già facciamo fatica a raggranellare il cibo quotidiano per sopravvivere”. Gli attivisti cattolici lo hanno inserito in un programma di sostegno per le cure mediche, provvedendo ai bisogni primari. “Non so come ringraziarli - sottolinea - ora non dobbiamo più preoccuparci di nulla”. Il numero delle vittime di questo devastante conflitto continua a crescere col passare del tempo, ma le vittime - concludono i vertici della Caritas - non sono numeri, ma hanno dei volti, sono delle persone come Rabee che può tornare a camminare o Abu Malek che può prendere le sue medicine.(DS)
21/03/2018 08:52