Caritas Libano ai Paesi donatori: più degli aiuti, serve fermare la guerra e il traffico di armi
Presente alla Conferenza di Londra, p. Paul Karam afferma che la prima urgenza è fermare il conflitto. Finora hanno prevalso “gli interessi personali” e a pagare il prezzo è stata “la popolazione civile”. Il Medio oriente è “un vulcano in subbuglio”, bisogna seguire la via della pace tracciata da papa Francesco.
Londra (AsiaNews) - “La cosa più importante, il punto iniziale è fermare questa guerra. Bisogna far tacere le armi, oggi e non domani, l’urgenza aumenta ogni giorno che passa. Sino a che vi sarà la guerra non si potranno mai risolvere i problemi anzi, il conflitto è destinato a intensificarsi”. È l’appello, lanciato attraverso AsiaNews, da p. Paul Karam, direttore di Caritas Libano, da quattro anni in prima fila nell’accoglienza del flusso continuo di famiglie siriane (e non) che fuggono dalla guerra. In questi giorni il sacerdote si trova a Londra, per partecipare alla Conferenza internazionale dei Paesi donatori iniziata oggi. “Sino a che vinceranno gli interessi personali - avverte p. Karam - e si continuerà ad alimentare il traffico di armi, a pagarne il prezzo sarà la popolazione civile, i poveri, quanti lavorano ogni giorno per guadagnare il pane quotidiano per sopravvivere e dare un’educazione ai figli”.
Questa mattina a Londra si sono riuniti i leader mondiali per raccogliere i 9 miliardi di dollari necessari per rispondere ai fabbisogni dei milioni di profughi siriani, fuggiti dalla guerra civile. Il denaro servirà anche per attuare politiche di accoglienza ai rifugiati che hanno lasciato il Paese, in cerca di accoglienza nelle nazioni dell’area o verso l’Europa e il Nord America. Secondo fonti Onu nel 2015 sono stati raccolti solo il 43% dei fondi necessari (2,9 miliardi di dollari) per gli aiuti.
Il vertice dei Paesi donatori, il quarto, intende rispondere all’appello lanciato dalle Nazioni Unite che per il futuro chiedono 7,73 miliardi di dollari per la Siria, cui si aggiungono 1,23 miliardi per gli stati coinvolti nella crisi. Presenti almeno 70 fra capi di Stato e di governo, oltre al segretario generale Onu Ban Ki-moon e almeno 90 rappresentanti delle ong e degli enti attivi sul campo e in prima fila nelle operazioni di aiuto e soccorso.
Caritas Libano in questi anni non ha mai fatto mancare l’assistenza, garantendo non solo cibo e aiuti ma anche sostegno psicologico e favorendo il confronto fra cristiani e musulmani, in particolare fra i giovani. “È importante intervenire sotto l’aspetto sanitario, garantire l’educazione dei bambini per dare loro un futuro - riferisce p. Karam - ma la cosa più importante è fermare la guerra. Questa è una responsabilità della comunità internazionale, che deve trovare una soluzione per bloccare il traffico di armi. Non si può continuare così… si trovano sempre i soldi per le armi, per distruggere, e non per fermare le violenze e aiutare la popolazione. Dobbiamo fermare questa tragedia”.
Per il direttore di Caritas Libano il cammino è quello tracciato da papa Francesco nei suoi appelli alla pace. In questo senso il fallimento - attuale - dei negoziati di Ginevra è fonte di “grande dispiacere”, perché le parti “devono trovare la pace e guardare al bene del popolo, non all’interesse personale”. “Il Medio oriente è un vulcano in subbuglio - conclude il sacerdote - speriamo che la comunità internazionale si svegli, rilanciando la solidarietà fra i popoli e l’aiuto ai migranti”.
La guerra in Siria, divampata nel marzo 2011 come moto di protesta popolare contro il presidente Bashar al-Assad, e trasformata nel tempo in conflitto diffuso, con derive estremiste islamiche e movimenti jihadisti, ha causato sinora oltre 260mila morti. Essa ha inoltre originato una delle più gravi crisi umanitarie della storia, costringendo 4,6 milioni di siriani a cercare riparo all’esterno, soprattutto in Giordania, Libano, Turchia, Iraq ed Egitto. Altre centinaia di migliaia hanno provato in questi anni a raggiungere l’Europa, pagando a volte al prezzo della vita il pericolo di una traversata del Mediterraneo.
Negli ultimi giorni anche i governi dell’Ue (Unione europea) che hanno promosso a lungo una politica dell’accoglienza - su tutti la Germania della cancelliera Angela Merkel - stanno facendo marcia indietro.(DS)