26/11/2015, 00.00
ISRAELE – PALESTINA
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Caritas Gerusalemme: Gaza è un'enorme prigione, fondi per un regalo di Natale ai cristiani

L’obiettivo è raggiungere i 50mila euro per fare un regalo alle 350 famiglie cristiane della Striscia. Il direttore generale racconta una situazione disperata. Ed è grande il desiderio di fuggire dalla povertà. Egli non chiede denaro o fondi, ma lancia un appello perché tutti i cristiani d’Occidente “vengano in pellegrinaggio” in Terra Santa, portando nel concreto “vicinanza e solidarietà”.

Gerusalemme (AsiaNews) – “Gaza è la più grande prigione a cielo aperto al mondo: due milioni di persone sotto la soglia della sopravvivenza, disoccupazione al 60%, povertà all’80%. E lo stesso vale per le famiglie cristiane, circa 350 in tutta la Striscia (1300 persone in totale), il 34% delle quali senza fonte di reddito alcuna”. È quanto afferma ad AsiaNews p. Raed Abusahlia, direttore generale di Caritas Gerusalemme, presentando l’iniziativa promossa dall’ente caritativo cattolico per le famiglie cristiane di Gaza in occasione del Natale. Dal 1990 la Caritas è attiva nella Striscia e aiuta, senza distinzioni, cristiani e musulmani, così come misto è il personale impiegato al suo interno e sono aperte a tutti le strutture, soprattutto gli ospedali. Tuttavia, aggiunge p. Raed, “per Natale abbiamo voluto lanciare un segnale forte di vicinanza e solidarietà ai cristiani”.

Circa 350 famiglie cristiane vivono a Gaza, un’area devastata da guerre incessanti e sottoposta a un blocco totale imposto da Israele. Con il proposito di consentire a queste realtà di vivere un Natale di festa e di calore, Caritas Gerusalemme ha lanciato una campagna di raccolta fondi dal titolo: “Dalla famiglia alla famiglia: Regali di Natale per Gaza”. In questo modo, l’ente caritativo cattolico spera di raccogliere 50mila dollari e acquistare doni che verranno distribuiti il prossimo 20 dicembre, a conclusione della messa di Natale presieduta da Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme.

Nel presentare l’iniziativa, i vertici di Caritas Gerusalemme ricordano che Natale è un tempo di festa e gioia per molte famiglie, con scambi di regali e gesti piccoli e grandi rivolti, in particolare, ai bambini. Per questo il pensiero va alle realtà più sfortunate e bisognose, nel mezzo delle difficoltà economiche e di vita, che non hanno denaro sufficiente a scambiarsi un dono simbolico per  la festa.

In passato, spiega p. Raed, abbiamo lanciato “Da una mano all’altra”, chiedendo ai nostri studenti delle scuole cristiane di Ramallah, Gerusalemme e Betlemme di “comprare un regalo per un bambino povero di Gaza: un piccolo giocattolo, un vestito”. Ora, prosegue, l’obiettivo è “aiutare le famiglie, cattolici, ortodossi, etc…”. Il 34% delle famiglie cristiane di Gaza “non ha nulla”, dipende in tutto dagli aiuti e dalle associazioni che operano nella Striscia.

Inoltre, con questa campagna la Caritas Gerusalemme vuole sensibilizzare l’opinione pubblica e i cristiani nel mondo sule sofferenze della popolazione cristiana di Gaza. Si sentono “abbandonati”, racconta p. Raed, “e in molti di loro è forte il desiderio di fuggire, se un giorno dovessero aprire i confini. A differenza dei cristiani di Siria e Iraq, però, il loro desiderio di fuga non è alimentato da persecuzioni, Hamas non usa violenza. Essi vivono le stesse difficoltà delle famiglie musulmane, il problema di fondo è la mancanza di denaro, di lavoro, di prospettive per il futuro”.

Molte famiglie di Gaza, racconta il direttore generale Caritas, “aspettano Natale e Pasqua per poter uscire almeno una settimana dai confini. Un privilegio che però è negato ai giovani con più di 16 anni e sotto i 34. Per questo capita che, proprio durante la festa, molte famiglie restino separate. I genitori vanno a Gerusalemme, a Betlemme, a Ramallah a trovare altri parenti, e i figli costretti a restare” nella Striscia.

Infine, p. Raed vuole lanciare un appello ai cristiani dell’Occidente. “Non vogliamo soldi, non vi chiedo di aderire alla campagna di raccolta fondi, anche se i bisogni aumentano ogni giorno e le necessità sono tante”. A voi cristiani d’Occidente, conclude, “chiedo di venire a trovarci in Terra Santa, a voi chiedo di partecipare ai pellegrinaggi, di venire qui a portare nel concreto la vostra solidarietà. La permanenza dei cristiani di Terra Santa in questa nostra terra, non è solo responsabilità nostra. Vescovi, sacerdoti, incoraggiate i vostri fedeli a compiere un pellegrinaggio in Terra Santa, dove tutto ha avuto origine. Non c’è pericolo alcuno, anche se la pace resta il nosto più grande desiderio. Ogni cristiano ha il diritto, il dovere e anche l’obbligo di venire almeno una volta nella vita in Terra Santa”.(DS)

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