18/08/2015, 00.00
MYANMAR - ASIA
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Cardinale birmano: Chiese dell’Asia unite a Francesco per la lotta ai cambiamenti climatici

di Francis Khoo Thwe
Il card. Charles Bo ha celebrato la messa di apertura della due giorni di seminario dei vescovi asiatici sul clima. Il Myanmar "un caso evidente” delle conseguenze del surriscaldamento globale. Invito ai cattolici a impegnarsi nella difesa dell’eco-sistema naturale. Continua la solidarietà dei birmani per le vittime delle recenti alluvioni.

Bangkok (AsiaNews) - Il Myanmar è un “caso evidente” delle conseguenze del “cambiamento climatico” su un Paese. Per oltre 75 anni, prima del ciclone Nargis, “non abbiamo sperimentato disastri naturali di tale intensità”, ma esso ha rappresentato una svolta perché sono state le “correnti oceaniche” mutate dal “surriscaldamento globale” a deviarne il corso e spingerlo verso la costa birmana. È quanto ha affermato oggi il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, primo porporato della storia del Myanmar, durante l’omelia della messa di apertura della due giorni di incontro dei vescovi asiatici (Fabc) sui cambiamenti climatici.

Ancora oggi l’ex Birmania deve affrontare una situazione di emergenza, causata dalle devastanti alluvioni che hanno colpito il Paese ai primi di agosto. Tuttavia, rispetto al passato emerge una maggiore solidarietà fra la gente, i cittadini e le diverse confessioni religiose. Continuano, infatti, le iniziative di privati cittadini (raccolte fondi, collette), imprenditori e istituzioni per portare aiuti, generi alimentari e beni di prima necessità nelle aree più colpite. 

In questi giorni a Bangkok, capitale della Thailandia, è in corso il seminario organizzato dalla Fabc sui cambiamenti climatici nel continente e nel mondo intero. Un appuntamento che si ispira alla recente enciclica “Laudato Sì” di papa Francesco dedicata alla natura, all’ambiente e al creato (la nostra “casa comune”), e che si propone di fornire “soluzioni concrete” all’emergenza. 

Nella messa che ha dato il via ai lavori dell’assemblea, il porporato birmano - presidente del Dipartimento Fabc per lo sviluppo umano - ha ricordato i disastri naturali che hanno colpito il Myanmar in questi ultimi anni. Iniziando proprio dal ciclone Nargis del maggio 2008, che ha ucciso oltre 150mila persone e lasciato altre 800mila senza casa. Nelle ultime due settimane sul Paese si sono inoltre abbattute piogge torrenziali e allagamenti, che hanno “colpito 1,7 milioni di persone” e sconvolto la vita e il lavoro di almeno “37 milioni di contadini” che oggi devono fronteggiare “una spirale di devastazione e debiti”. 

Il card. Bo ricorda “le continue distruzioni” di foreste e fiumi, fra i quali il Mekong e l’Irrawaddy, assieme a “molti altri” che scorrono nei Paesi dell’Asia dell’est e vittime di “sfruttamento incontrollato”. Gli attacchi “sporadici” contro “il nostro eco-sistema”, aggiunge, “si sono trasformati in una malattia cronica per il nostro pianeta”. “Il nostro incontro qui - spiega il porporato - deve imprimere in tutti noi l’urgenza di uno scopo. Il male sta marciando con gioia, distruggendo le famiglie, distruggendo il dono della natura che proviene da Dio”. 

Rilanciando le parole di papa Francesco nell’enciclica, l’arcivescovo di Yangon ricorda “la cospirazione ai danni dei poveri”, così come “il 90% delle morti causate dai disastri naturali registrate nelle nazioni più povere” al mondo. Il deterioramento dell’ambiente e della società, avverte, colpisce soprattutto le persone più vulnerabili del pianeta. E se “la crisi ambientale si è trasformata in una crisi morale”, oggi è ancora più urgente il bisogno di “una nuova cultura di eco-giustizia e inter-dipendenza” fra persone. In un mondo “ingiusto” che “seppellisce 10 milioni di bambini ogni anno per fame”, in questo “genocidio silenzioso” - conclude il card Bo - “il messaggio del Santo Padre diventa un campanello d’allarme per la Chiesa dell’Asia orientale”. 

Intanto in Myanmar continuano gli sforzi di volontari e associazioni, anche cattoliche, per portare aiuti alle popolazioni colpite dal ciclone Komen di fine luglio e delle piogge torrenziali dei giorni successivi. La gente è scesa in piazza promuovendo collette e raccolte fondi, iniziative analoghe si sono moltiplicate anche in rete e sui social network. Fonti di AsiaNews riferiscono che alcuni facoltosi cristiani Kachin hanno stanziato una cospicua somma di denaro per l’acquisto di cibo e generi di prima necessità; un industriale birmano avrebbe inoltre donato due milioni di dollari, a dimostrazione della vera e propria gara di solidarietà che si è scatenata fra la gente comune. 

A questo si aggiunge l’opera di enti e associazioni, fra cui Karuna (la Caritas locale) che presiede l’attività di raccolta e distribuzione in sei diverse diocesi donando cibo, alloggi, acqua potabile a oltre 120mila persone. Buddisti (maggioranza in Myanmar), cristiani e musulmani hanno mostrato tutti generosità e solidarietà in questo momento di criticità, con diversi Stati (Kachin, Rakhine) e Regioni (Sagaing, Magway) colpite, oltre cento morti e 160mila persone ancora oggi bisognose di aiuto e assistenza.

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