Card. Yeom: Il papa per la pace in Corea e la missione in Asia
Seoul (AsiaNews) - Il miracolo "più grande" che la visita di papa Francesco potrebbe produrre in Corea è quella di riaprire il dialogo fra Nord e Sud, inventando un gesto di riconciliazione, difficile da immaginare. Ma il miracolo "già reale" è che il pontefice viene in Corea per "metterci in prima fila per la missione" in Asia. Parla così il card. Andrea Yeom Soo-jung, arcivescovo di Seoul, a poco più di un mese dall'arrivo di papa Francesco in terra coreana. Secondo il porporato, in questa missione "asiatica" il pontefice lancerà soprattutto i laici, che nella Chiesa coreana hanno avuto un'importanza fondamentale fin dagli inizi della Chiesa. Del resto, fra tutti i 124 martiri che Francesco viene a beatificare vi è solo un sacerdote.
L'Asia per il terzo millennio
Anzitutto vi è l'importanza che con questo primo viaggio il papa dà all'Asia: "Abbiamo sempre sperato che il papa venisse in Corea. Ora, che viene, lo accogliamo come un grande dono e un miracolo. In un anno e mezzo Francesco ha fatto pochi viaggi nel mondo e un viaggio in Medio oriente: la sua scelta di venire in Corea, il primo Paese - diciamo così - pienamente asiatico, fa davvero impressione. Credo davvero che Dio stia lavorando per indicarci una strada e la sua volontà. Il papa viene anzitutto a incontrare i giovani dell'Asia per la Giornata asiatica della gioventù. E viene per metterci in prima fila per la missione".
Come Chiesa, aggiunge, "dobbiamo diventare responsabili per tutta l'Asia. Già Giovanni Paolo II aveva detto che il terzo millennio è il periodo in cui concentrarsi sull'evangelizzazione dell'Asia. L'Asia abbraccia i due terzi della popolazione mondiale, sta diventando un continente importante per l'economia e la politica mondiale. Purtroppo, sebbene Gesù sia nato in Asia, la percentuale di fedeli in questo continente non supera l'1-2%".
Va detto che anche in Corea - come in Asia - "abbiamo molte difficoltà: basso numero di nascite, demografia a rischio, aumento degli anziani. Vi sono famiglie che si sfasciano, divorzi in aumento, arrivo di immigrati, difficoltà di integrazione specie nelle famiglie multiculturali. E poi il denaro che diventa più importante di Dio, rendendo tutti più materialisti e meno appassionati alla vita. In questo campo la testimonianza dei laici ha una funzione essenziale.
Per questo, la visita di papa Francesco ci mette addosso una grande inquietudine, ma anche una grande responsabilità".
I laici martiri
Il cardinale spiega che per dare conforto in questa missione, non c'è niente di meglio che guardare alla testimonianza dei martiri: fra di loro, anche fra quelli che Francesco beatificherà, vi sono molti laici. "Nel 1984, a 200 anni dalla fondazione della Chiesa coreana, Giovanni Paolo II ha canonizzato il primo gruppo di 103 martiri. Fra di loro vi erano solo 11 sacerdoti. Tutti gli altri erano laici di ogni livello sociale. Nella beatificazione di quest'anno, su 124, solo uno è sacerdote. Gli altri sono operai, macellai, negozianti, madri di famiglia, servi. Questo mostra che la Chiesa coreana è una Chiesa creativa, dove ogni fedele è responsabile della testimonianza e dell'annuncio".
Il card. Yeom elenca le caratteristiche della Chiesa coreana, nata da un gruppo di laici che, desiderosi di modernizzare e servire il loro Paese, hanno cominciato a studiare, portandoli da Pechino, libri sulle scienze occidentali e sul cristianesimo. Da soli questi laici hanno studiato e diffuso la fede cattolica, anche se per tanti anni non hanno mai avuto un sacerdote: la prima messa in Corea è stata celebrata nel 1795, ma vi erano già 4mila fedeli. "Tutti loro - dice il card. Yeom - erano stati educati nel confucianesimo (autorità, gerarchia, ruoli, differente valore per ogni persona); nel cristianesimo essi cercavano la verità, la verità sull'uomo, su Dio, sul mondo". Ma il governo del tempo sente subito un conflitto fra il confucianesimo e il cristianesimo e lancia una forte persecuzione. "Agostino, uno dei futuri beati, prima di essere ucciso, ha scritto una lettera al re, in cui affermava che il governo stava perseguitando la religione cattolica solo perché straniera. Ma lui afferma: 'Non è un problema se Dio viene annunciato e giunge da un Paese o da un altro'. Nella lettera egli rivendica di avere gli stessi valori del confucianesimo: amore alla famiglia e ai genitori, alla patria, al re".
Bisogna però dire che nel periodo Joseon (la dinastia confuciana che ha governato in Corea dal 1392 al 1910) la società era molto divisa: uomini e donne; uomini fra loro (ricchi e poveri; autorità e popolo; diverse classi...). "I cattolici - conclude il porporato - sottolineavano l'uguale dignità di ogni persone e perciò appariva come se volessero far crollare questo edificio. In realtà il sacrificio dei martiri ha messo le basi per una società centrata sull'uomo e sulla dignità della persona".
La riconciliazione della penisola coreana
Per il card. Yeom, i coreani aspettano il papa anche per il grande bisogno di pace che vi è il tutta la penisola, date le continue tensioni con la Corea del Nord. "Il papa - dice - in Terra Santa, ha invitato i presidenti di Palestina e Israele a pregare insieme 'a casa sua' in Vaticano. Forse anche per le due Coree ci si potrebbe aspettare da papa Francesco un gesto di pace o di distensione. Anche in passato abbiamo sperato che la visita del papa potesse portare alla riconciliazione fra Nord e Sud. Ma al momento né da una parte, né dall'altra vi sono segni per entrare in dialogo ed è una delle cose più frustranti per noi".
La guerra fra Nord e Sud, continua, "si è scatenata subito dopo la liberazione dall'occupazione giapponese. Essa ha portato la divisione della penisola coreana e una crescita dei gesti di violenza da una parte e dall'altra. Chi ha voluto la divisione è responsabile anche della crescita di animosità fra le due parti. Il papa è una persona che vuole la pace e desidera che la Corea del Nord non si perda, che Nord e Sud possano vivere insieme in armonia e condividere l'amore fraterno. Mi piacerebbe che il papa almeno possa benedire Kim Jong-un e la presidente Park, augurando loro un futuro di pace".
Intanto la Chiesa coreana è impegnata da decenni sul fronte della pace con il Nord: "Dopo gli anni '50 abbiamo costituito un Comitato per la riconciliazione che cerca di avvicinare la Corea del Nord con la preghiera e gli aiuti umanitari. Io spero che il papa possa invitare i due leader per un gesto comune di preghiera o un incontro. Ma sarebbe un vero miracolo. Nella cattedrale, ogni settimana al martedì celebriamo una messa per la riconciliazione. I coreani del nord e del sud condividono la stessa lingua, cultura. Anche se abbiamo vissuto sotto differenti ideologie, dovremmo superare le divisioni per riconciliarci"
L'arcivescovo di Seoul ricorda che dopo la divisione, sacerdoti, vescovi e suore del Nord sono stati massacrati o espulsi e al momento al Nord non vi è nemmeno un sacerdote. "Io - afferma con tristezza - sono amministratore apostolico anche di Pyongyang, ma finora non ho mai avuto la possibilità di visitare quella città, dove vi sono circa 3mila cattolici. Ho solo avuto la possibilità di visitare Kaesong, una zona economica del Nord, dove alcuni imprenditori del Sud hanno aperto diverse industrie dove lavorano circa 50mila nordcoreani".