Card. Martino: “ferma riprovazione” per la “svolta abortista” di Amnesty
Il porporato parla di tradimento delle finalità istituzionali della storica organizzazione di promozione e difesa dei diritti umani, che avrà la conseguenza di vedere la sospensione di ogni suo finanziamento di fonte cattolica.
Città del Vaticano (AsiaNews) – “Ferma riprovazione” del cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio consiglio giustizia e la pace, per la “svolta abortista” compiuta da Amnesty International. Schierarsi per la depenalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza, ha detto il porporato in un’intervista al National Catholic Register rappresenta un tradimento delle finalità istituzionali della storica organizzazione di promozione e difesa dei diritti umani.
Conseguenza inevitabile di tale decisione, secondo il card. Martino, sarà la sospensione di ogni finanziamento a Amnesty da parte delle organizzazioni ed anche dei singoli cattolici. “Le lobbies abortiste – egli sostiene - stanno continuando la loro propaganda, che si inquadra in quella che il Servo di Dio Giovanni Paolo II chiamava la ‘cultura di morte’, ed è estremamente grave che una benemerita organizzazione come Amnesty International si pieghi ora alle pressioni di tali lobbies”.
Ciò deve, secondo il cardinale Martino, intensificare l'impegno dei cattolici, ma anche di ogni persona di buona volontà, in difesa del diritto alla vita di tutti i nascituri, senza impossibili distinzioni tra casi in cui l'uccisione del bimbo nel seno materno sarebbe giusta e altri no. La soppressione volontaria di ogni vita umana innocente - ha ribadito il porporato - è sempre un delitto e mina alle basi il bene comune della famiglia umana.
Il cardinale fa riferimento all’adozione, ad aprile, da parte di Amnesty International di “una propria policy su alcuni specifici aspetti riguardanti l’aborto”, preceduta da una lunga consultazione internazionale tra le sezioni nazionali, i gruppi e i soci di AI.
Nell’ambito di tale scelta, Amnesty chiederà agli Stati, fra l’altro, di “modificare o abrogare le leggi per effetto delle quali le donne possono essere sottoposte a imprigionamento o ad altre sanzioni penali per aver abortito o cercato di abortire”; “garantire l’accesso a servizi legali e sicuri di aborto a ogni donna la cui gravidanza sia dovuta a una violenza sessuale o a incesto o la cui gravidanza presenti un rischio per la sua vita o la sua salute”; assicurare alla donna “la possibilità di ricorrere all’aborto in maniera sicura e accessibile e di prevenire gravi violazioni dei diritti umani correlate con la negazione di questa possibilità”.
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