Card. Gracias: l’esperienza indiana dà ragione alle parole del Papa sull’Aids
di Nirmala Carvalho
In un’intervita ad AsiaNews il porporato parla della realtà di una Chiesa che ha 64 centri destinati alla cura di chi è colpito da tale malattia e che “certo non può annacquare il proprio insegnamento per piacere alla pubblica opinione: ciò che è oggettivamente giusto, è giusto e ciò che è sbagliato, è sbagliato”.
Mumbai (AsiaNews) - La Chiesa indiana, fortemente impegnata nella cura dei malati di Aids – ha 64 centri destinati a tale scopo – è convinta che esso sia un male che va affrontato anche sul piano etico e morale e, quindi, condivide le affermazioni fatte da Benedetto XVI all’inizio del suo viaggio in Africa. Lo dice ad AsiaNews il cardinale Oswald Gracias, presidente della Conferenza episcopale indiana. Le sue considerazioni giungono nello stesso giorno nel quale una rivista medica inglese, Lancet, spinge la polemica al punto da chiedere al Vaticano una “ritrattazione”, che è dovuta “quando si fa una falsa affermazione scientifica”.
“Il Papa – osserva il porporato – ci ha dato un chiaro insegnamento cattolico, che era già stato annunciato da Paolo VI nella ‘Humanae Vitae’. Nulla di nuovo, dunque, solo una conferma dell’insegnamento autentico della Madre Chiesa. E la Chiesa certo non può annacquare il proprio insegnamento per piacere alla pubblica opinione: ciò che è oggettivamente giusto, è giusto e ciò che è sbagliato, è sbagliato”.
Quindi le affermazioni del Papa valgono anche per l’esperienza indiana.
“Quanto detto da Benedetto XVI è del tutto vero anche per l’India e io voglio ribadirlo. Posso aggiungere che anche funzionari governativi affermano l’importanza di valori come la fedeltà e l’astinenza. La Chiesa indiana è molto vicina a quanti sono colpiti da questa malattia, ma non può fare compromessi sul suo insegnamento. La Chiesa deve svolgere un ruolo profetico: con carità e compassione noi annunciamo la verità salvifica, non per denunciare o condannare, ma solo per aiutare e sostenere le generazioni e per il bene comune dell’manità”.
“La Chiesa indiana ha più di 64 centri per la cura dei malati di Aids; la nostra azione contro la malattia include la lotta ai pregiudizi e la promozione di possibilità di trattamenti sanitari per i malati, Noi ricordiamo che l’Aids non è solo una preoccupazione sanitaria, ma una questione legata allo sviluppo. L’85 per cento delle 3mila istituzioni sanitarie della Chiesa servono le popolazioni rurali”.
L’Aids ha assunto in India dimensioni epidemiche: secondo dati del governo si tratta di oltre cinque milioni di casi, cifra che è seconda solo all’Africa del sud. E secondo esperti non governativi, il dato è molto più alto.
“La malattia crea molto preoccupazione e noi speriamo che la ricerca medica possa trovarvi rimedio. Noi continuiamo ad aumentare i servizi che offriamo ai malati, offrendo insegnamenti etici e morali, portando i valori del Vangelo nella società”.
Le persone colpite ad Aids si trovano a fronteggiare una discriminazione che è disumanizzante e crea sofferenza che spoglia il senso del valore e della dignità della persona, così la Chiesa indiana, attraverso il suo servizio, porta il messaggio della speranza ai nostri pazienti, creando un clima di comprensione e accettazione e aiuta a liberare dal marchio e dalla discriminazione associati con l’Aids”. “Dobbiamo ricordare che l’Aids porta con sé profonde ripercussioni di natura morale, sociale, economica, giuridica non solo sulle famiglie e nelle comunità vicine, ma anche sulla nazione e sull’intera comunità internazionale e quindi è essenziale, in questo contesto, che la Chiesa ci chiami a vivere e agire come cittadini informati e discepoli fedeli. La crisi continua, ma può incontrarsi con la comprensione, la giustizia, la ragione e una fede profonda e per questo il nostro Santo Padre è un profeta del nostro tempo”.
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