Card. Bo: il fiume della Pasqua e della democrazia
Lettera dell’arcivescovo di Yangon. Il trionfo di Dio a Pasqua “è la speranza per tutto il Paese, che sta risorgendo dopo 50 anni di Via Crucis”. Per il Myanamar “la resurrezione passa attraverso una fragile donna: Aung San Suu Kyi”. I cattolici, fattore di cambiamento per la nuova democrazia.
Yangon (AsiaNews) – “Questa Pasqua si diffonde come un fiume nel deserto. È una Pasqua davvero speciale per il popolo del Myanmar. Il fiume della democrazia si sta lentamente riversando nel deserto della disperazione. Noi celebriamo oggi la Pasqua per i segni di resurrezione che vediamo attorno a noi”. Con queste parole il card. Charles Maung Bo apre il suo messaggio pasquale indirizzato ai fedeli di Yangon (e a tutta la popolazione del Myanmar), che negli ultimi mesi hanno assistito a cambiamenti politici di portata storica: dalle elezioni vinte a novembre 2015 dalla Lega nazionale per la democrazia, all’elezione del primo presidente non militare dopo 50 anni di dittatura dell’esercito.
“Questa – scrive l’arcivescovo di Yangon – è la stagione delle speranza. In questo mondo che sta soffocando per l’oscurità, la storia prova che la speranza della resurrezione permane nel cuore degli uomini. La storia è piena di uomini che hanno portato questa speranza attraverso le loro azioni nobili”. Il cardinale cita Abraham Lincoln, Martin Luther King e Nelson Mandela. Per ultimo scrive del generale Aung San, [padre di Aung San Suu Kyi e morto nel 1947 ndr], “il cui sangue è stato versato ancor prima dell’alba della libertà. Se il Myanmar oggi può affermare di essere una nazione, è grazie al sangue di Aung San”.
Per l’arcivescovo di Yangon, la morte e risurrezione di Cristo sono paradigma della storia recente del Paese: “Cristo è stato ucciso sulla croce e attraverso il suo sangue ha mondato il peccato dell’umanità […]. Attraverso le sue piaghe noi siamo stati guariti”. “Oggi – afferma il card. Bo – assistiamo ad un’altra resurrezione: la resurrezione della speranza in una fragile donna: Aung San Suu Kyi. Ella è stata innalzata sulla croce della sofferenza per più di 15 anni in prigione. La tenebra ha investito il Myanmar per più di 50 anni. Il suo coraggio nell’attraversare la sofferenza ha portato alla risurrezione della libertà”.
“Questa nazione – prosegue il cardinale – è stata crocifissa sulla croce dell’ingiustizia. Rifugiati, migranti in condizioni precarie, gente colpita dalla guerra, poveri, vittime della droga e del traffico umano. Come possiamo dimenticare centinaia di nostri compatrioti che marciscono in galera e coloro che hanno dato la vita per la libertà del Paese?”. Le ferite che il Myanmar ha dovuto subire sono tante: “La prima è stata il trattamento preferenziale accordato ad una religione [il buddismo ndr] nel 1956. L’oppressione delle altre fedi ha causato conflitti cronici e migrazioni […]. Nel 1960, poi, un arrogante potere militare ha requisito le istituzioni educative gestite dai cristiani. La negazione del diritto educativo ha condannato la nazione ad essere poco istruita”. In una recente intervista concessa ad AsiaNews, il card. Bo ha assicurato che “la Chiesa è pronta a rivendicare le scuole che sono state nazionalizzate” dalla giunta militare.
In questo momento di transizione, in cui il peggio sembra passato e un governo democratico è salito al potere, i cristiani hanno il dovere di portare un messaggio di misericordia: “L’anno della Misericordia – scrive l’arcivescovo – è un appello squillante. Il Papa ci chiama ad essere misericordiosi con noi stessi, allo stesso modo in cui il Padre celeste è misericordioso (Lc, 6:36), perché molti di noi sono sepolti nella tomba del peccato. Papa Francesco ci chiama a ritornare a Signore tramite il perdono. Perdonare gli altri, riconciliarsi con coloro che sono feriti e adottare un atteggiamento positivo, sono tutti segni del popolo della resurrezione”.
Dalla Pasqua, afferma il card. Bo, la comunità cattolica deve trarre la forza per “costruire la nazione attraverso la pace e la riconciliazione, lo sviluppo umano, l’educazione e l’affermazione dei diritti delle popolazioni indigene”. “Dobbiamo essere segno di speranza. Siamo stati perseguitati, sepolti nella tomba della povertà, dell’oppressione e della negazione dei diritti. Per molti di noi è stata una lunga Via Crucis. Siamo stati gente del Venerdì santo e qualche volta ci siamo chiesti se ci sarebbe stata una domenica di Pasqua nel nostro Paese. Ma Dio è il Dio della storia. Egli parla attraverso i segni dei tempi. Io credo fermamente che la risurrezione del Myanmar dal suo passato doloroso stia accadendo”.
“Cari fratelli e sorelle – conclude il presule – come popolo della Pasqua assumiamo questo compito di muovere le montagne delle tragedie umane e portare la speranza di un nuovo Myanmar di pace, prosperità e amicizia. Siamo la gente della fede e della speranza. Diamoci da fare per spostare le montagne”.
22/04/2014
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