Card. Bo: Chiudiamo le Porte sante, ma non quelle del cuore e della misericordia
Il messaggio dell’arcivescovo di Yangon per la conclusione del Giubileo. La preoccupazione per un Paese ancora in guerra. L’esempio di Madre Teresa.
Yangon (AsiaNews) – L’accoglienza dei poveri e degli emarginati, la cura dei lebbrosi abbandonati dalle famiglie, l’opera per la pace in un Paese ancora ferito dalla guerra civile. Sono questi i compiti che secondo l’arcivescovo di Yangon, la Chiesa si deve prender in carico a conclusione dell’Anno giubilare. Dio “ci aspetta nei cuori spezzati e nei sofferenti. Accogliamo tutti come ha fatto Madre Teresa”. Il messaggio integrale del card. Bo. Traduzione a cura di AsiaNews.
Proclamato nel 50mo anniversario del Concilio Vaticano II, questo Anno ha visto la canonizzazione dell’angelo della misericordia, Madre Teresa. Il 20 novembre in varie grandi chiese, inclusa la basilica di San Pietro a Roma, le Porte sante saranno chiuse. Sono state aperte l’anno scorso. Nella Bolla di indizione Misericordiae Vultus, papa Francesco ha detto che questa apertura simbolica delle porte mostra “la prontezza di Dio ad accogliere ognuno di noi nella sua misericordia. La porta santa diventa una porta di Misericordia attraverso la quale chiunque entra sperimenta l’amore Dio che consola. Che perdona e che dona speranza”.
Queste porte di legno verranno chiuse oggi. Ma le porte del nostro cuore devono restare aperte. Le chiese costruite dalle mani degli uomini avranno le porte chiuse, ma ogni essere umano, dice san Paolo, è il tempio dello Spirito Santo. Le porte di questo tempio devono rimanere aperte. I nostri cuori devono essere spalancati per accogliere e far entrare più persone possibili. Noi abbiamo i cuori sacri di Gesù e Maria aperti sempre per il mondo. I nostri cuori devono accogliere con generosità i cuori spaccati, i feriti e i poveri. Apriamo oggi i nostri cuori, Dio aspetta alla porta nei panni dei sofferenti (Mt 25:31-40).
In questo Giubileo straordinario, il Papa vuole che coltiviamo l’attitudine alla misericordia nella nostra vita quotidiana. La Bibbia dice: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6:36). Il Papa ha chiesto che ci sia gioia nella sua Esortazione sulla gioia del Vangelo. In questo anno egli sta chiedendo atteggiamenti di misericordia, che sono la beatitudine dei cristiani.
È giusto che l’angelo della misericordia Madre Teresa sia stata canonizzata quest’anno. Il potere della misericordia ha fatto di questa donna fragile una grande testimone della Buona Novella. Guardate ai fatti: per 2mila anni i missionari hanno provato a convertire l’India. Ma alla fine del XX secolo l’India era cristiana per meno del 2%. Milioni di persone non conoscevano Gesù. Questo è cambiato con Madre Teresa. La santa dei bassifondi ha dato una straordinaria testimonianza della misericordia, prendendosi cura di quelli scartati dalla società. Milioni sono stati ispirati dal suo lavoro in tutto il mondo. Lei ha mostrato che anche nelle persone più neglette, l’immagine di Dio rimane e la dignità umana deve essere rispettata in tutti attraverso la misericordia. Oggi tutti i bambini in India sanno che Madre Teresa è una cristiana e che il suo Dio è Gesù. La misericordia è stata lo strumento con il quale Madre Teresa ha portato Gesù in India.
Noi viviamo in mezzo ai buddisti. La compassione (Laruna) e la misericordia (Metta) sono due degli “occhi” della loro fede. La misericordia è la porta attraverso la quale noi invitiamo i nostri fratelli e sorelle buddisti per un dialogo fruttuoso e pacifico nel nostro Paese.
Quando il Papa ha annunciato l’Anno della misericordia, i cristiano erano uccisi a centinaia in Medio oriente. La culla della cristianità in oriente, Siria e Iraq ha visto fiamme di odio bruciare cristiani innocenti. Alcuni sono stati crocifissi.
In quel momento, il Papa ha richiamato alla compassione anche coloro che stavano commettendo quei crimini. Il Papa ha chiesto a milioni di cristiani di non rispondere con l’odio ma di andare incontro al fuoco ostile con la brezza della misericordia. Egli ha mostrato questo con le visite ai rifugiati che scappano dall’Iraq [sic], sostenendo la loro accoglienza in Europa. Egli ha incontrato persone senzatetto e migranti abbandonati, celebrando messa con loro.
Cosa significa questo anno della Misericordia nelle nostre vite in Myanmar,? Io vedo quattro livelli:
1)La misericordia verso noi stessi. Un amore puro e generoso per sé stessi
2)La misericordia verso gli altri
3)La misericordia verso i dimenticati e gli abbandonati
4)La misericordia come ponte per la pace in Myanmar
La misericordia verso noi stessi. Un amore pure e generoso per sé stessi
Ama gli altri come ami te stesso, dice il grande comandamento. Una considerazione sana e positiva si sé stessi e l’autostima sono di immenso valore per ogni cattolico del Myanmar. Dio non ci ha mandato una copia carbone di noi stessi. Siamo originali. Tutti siamo unici e Dio ci ama ogni secondo: Può una madre dimenticare il suo bambino, chiede Dio in Isaia 49:15; anche se la madre lo dimentica, Dio non ci dimentica. Dio è Emmanuele (Mt 1:23). Nessuno è stato come noi prima e nessun sarà come noi dopo.
Dio crea ognuno di noi come suoi figli e figlie. Steve Jobs, fondatore di Apple, è stato un orfano abbandonato da sua madre. I suoi genitori adottivi lo hanno fatto sentire valorizzato da ragazzo ed è diventato uno dei grandi inventori della storia. Noi siamo adottati come figli. Siamo figli del Padre celeste. Dobbiamo essere misericordiosi con noi stessi. Dobbiamo perdonare noi stessi, perdonare il nostro passato. Papa Francesco vuole che noi siamo guariti dal nostro passato. Alcuni di noi hanno commesso crimini e peccati orribili. Ma il Papa dice: “La misericordia di Dio è più grande di tutti i tuoi crimini. Pentiti, vai a confessarti e sii guarito”. Spesso soffriamo di ferite che ci infliggiamo da soli.
La misericordia verso gli altri
Siamo nati per amarci gli uni gli altri o per odiarci? La Bibbia ha la triste storia di Caino e Abele. Due fratelli. Caino ha odiato e versato il sangue del suo fratello. Gli esseri umani sono gelosi, spaventati degli altri, e veloci a giudicare il prossimo (Lc 6:37). Non giudicare e non sarai giudicato. Solo nell’ultimo secolo, 70 milioni di persone sono state uccise in guerra a causa dell’odio degli esseri umani. Il Papa crede che la misericordia sia l’unico antidoto alla natura umana che grida vendetta.
Alcuni di noi vivono anni senza essersi riconciliati con i propri familiari e con i vicini di casa. Siamo chiamati a perdonare 70 volte 7 (Mt 18:22). Alcuni di noi si accostano alla comunione senza perdono. Ricordate cosa dice Gesù: “Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello” (Mt 5:24). Mentre chiudiamo l’Anno della misericordia, per favore riconciliamoci almeno coi nostri familiari. Lasciamo fuori la nostra rabbia: non lasciamo che il sole tramonti sul risentimento (Ef 4:26-27). Per 60 anni alcuni gruppi in questo Paese sono stati irosi gli uni con gli altri. È il tempo della misericordia e del perdono vicendevole.
La misericordia verso i dimenticati e gli abbandonati
Se andiamo a casa degli anziani, vediamo che sono persone molto cordiali. Sapete anche che alcuni di loro non ricevono più le visite dei loro familiari. Come persone anziane, non sono più considerate utili. Se andate nelle prigioni vedete poveri carcerati chiusi dentro per anni, perché non c’è nessuno che li difende. La Chiesa cattolica gestisce i tre maggiori lebbrosari. Le suore fanno un grande lavoro di misericordia e accompagnano queste persone con grande amore. I malati di questo morbo sono abbandonati dalla famiglia. Sono contento che in questo anno della misericordia molti abbiano visitato questi luoghi. Faccio un appello affinché continuiamo a farlo. Coloro che sono abbandonati dalle famiglie devono trovare in noi un buon samaritano che li guarisce e si prende cura di loro. Come il Paese si apre sempre di più, sempre più persone sono abbandonate dal sistema economico, sempre più giovani sono vulnerabili al traffico umano, a malattie pericolose. Essi hanno bisogno di noi, fratelli e sorelle. Non chiudiamo le porte della misericordia della Chiesa, né i nostri cuori verso questi figlie e figlie della nostra nazione meno fortunati.
La misericordia come ponte per la pace in Myanmar
Come cittadino di questo Paese, la più grande misericordia è portare pace a questa terra. Abbiamo sofferto per 60 anni. Quante persone crocifisse dalla povertà, quanti migranti senza speranza.
Beati sono gli operatori di pace, dice Gesù. La missione della Chiesa è misericordia e pace. Mio caro popolo, hai sofferto abbastanza. Hai bisogno della pace ora, popolo del Myanmar. Nel glorioso documento Gaudium et Spes del Vaticano II, la Chiesa parla della pace e dell’educazione per tutti, per i governanti e i governati. Gli armati e gli inermi. Il documento papale Pacem in terris riconosce la pace come un obiettivo e una necessità che trascende tutti i confini nazionali e locali, e si appella a tutti i livelli della nostra comune umanità.
Ditemi, quale comunità non ha sofferto negli ultimi 60 anni? Eccetto una manciata di uomini dell’esercito e di gruppi armati, tutta la nazione ha sofferto. Abbiamo sepolto due generazioni del nostro popolo che non hanno conosciuto diritti né prosperità. Tre diocesi dello Stato Kachin sono sotto la guerra ora. Ci sono ancora più sfollati interni. Questa nazione ha bisogno di misericordia.
È ora di dire basta, miei cari leader della nazione, comandanti dell’esercito, gruppi armati. Mostrate misericordia verso gli uomini e le donne. Abbandonate la mentalità che vuole risolvere i conflitti con la guerra. Mi appello a voi in questo Giubileo della misericordia, coltivate l’attitudine mentale della pace.
In passato è stato permesso ad alcuni estremisti di distruggere l’armonia del nostro popolo con discorsi di odio. Almeno ora queste voci sono cambiate. Sprono i leader ad spingersi in là. Portate l’educazione alla pace nei programmi scolastici e instillate nei cittadini del Myanmar la cultura della pace. I birmani e i non birmani hanno lottato gli uni contro gli altri. Fratelli contro fratelli. Queste storie di mutuo odio hanno fatto della nostra nazione un Paese dell’esodo. Dai due ai tre milioni di nostri connazionali se ne sono andati. Il “sila” buddista (codice di condotta ndr) esorta gli uomini a vivere senza violenza verbale e fisica. È venuto il tempo di fare della pace e della giustizia la religione comune di questa terra.
Voglio concludere ancora una volta con papa Francesco. La pace è l’unica via. Essa viene dalla misericordia. Come comunità cristiana chiudiamo le porte della misericordia, ma promettiamo di aprire i cuori della gente alla misericordia, che porta questa nazione alla pace e alla prosperità. Non solo la nazione, fratelli e sorelle. Lasciamo che la misericordia scorra come un fiume nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nei nostri villaggi, nei nostri campi profughi. Andiamo come messaggeri della misericordia, facendo di questo mondo un posto migliore dove vivere.
Dio vi benedica tutti.