Campagna di liberazione del blogger egiziano incarcerato per "aver offeso l’islam”
Abdel Kareem Nabil Soliman, 22 anni, è il primo egiziano ad essere condannato per aver espresso le proprie opinioni su internet. Secondo i blogger di tutto il mondo, anche musulmani, egli è stato usato dal governo, che vuole rendere intoccabile la religione.
Alessandria (AsiaNews/Agenzie) – Sono in molti quelli che hanno offeso in qualche modo il presidente egiziano o il suo governo, ma nessuno ha mai pagato: la condanna di Abdel Kareem Nabil Soliman vuole far capire che l’unico vero intoccabile, in Egitto, è l’islam.
E’ l’opinione di Mona Eltahawy, nata al Cairo ma residente a New York, che ha aderito con il suo blog alla campagna “Liberate Kareem” (lo pseudonimo di Soliman) cui partecipano migliaia di utenti internet. Uno di loro ha aperto un sito molto visitato – www. freekareem.org – che ospita i vari interventi internazionali a favore del blogger, da poco divenuto membro onorario dell’Associazione inglese Pen.
Abdel Kareem Nabil Soliman, 22 anni, è il primo egiziano ad essere stato condannato per aver espresso le proprie opinioni su internet. Le accuse contro di lui sono state mosse dall’università islamica di al-Azhar, dove Nabil studiava legge prima di essere espulso – lo scorso anno – per i suoi scritti critici nei confronti della religione.
Nei suoi post [articoli che vengono inseriti sui blog, diari virtuali ndr] il giovane si è dichiarato un laico, che non digiuna durante il Ramadan (da lui definito il “mese dell’ipocrisia”), ed ha criticato la sua ex università, la più prestigiosa del mondo sunnita, che “diffonde idee radicali e cerca di sopprimere la libertà di pensiero”. Il primo arresto risale all’ottobre del 2005, quando Soleiman ha difeso su internet la comunità cristiana locale, bersaglio di un violento attacco da parte di estremisti islamici.
Per aver espresso queste opinioni, già prima dell’arresto è stato minacciato di morte ed ha subito maltrattamenti e violenze da parte della polizia che “lo controllava”. Una Corte di Alessandria d’Egitto lo ha condannato a quattro anni di carcere, perché ritenuto colpevole di “aver oltraggiato l’islam, insultato il presidente Mubarak e diffuso false informazioni”.
Dopo l’arresto del dissidente, avvenuto a novembre, le comunità virtuali egiziane ed internazionali si sono unite per lanciare una campagna a favore della sua liberazione. Molti considerano Nabil “un esempio” e la sua condanna “significativa di come il governo voglia bloccare la libertà di espressione nel Paese”.
La Eltahawy spiega che “Kareem è stato usato. Il governo non ha mai messo in galera i diversi blogger critici contro Mubarak, ed ora condanna lui a quattro anni. Questo serve a spaventare tutti gli altri, a far capire che la dimensione religiosa è intoccabile”.
Esra'a al-Shafei, 20 anni, è una blogger del Bahrain amica di Soliman: “Come arabi e musulmani – dice – è molto importante aderire a questa campagna. Dobbiamo far capire ai governi arabi che non possiamo essere messi a tacere”.
Ovviamente, non tutti sono d’accordo: in alcuni post, Soliman scrive che i precetti dell’islam vengono rispettati “per timore, solo a causa della grande pressione sociale”. Per alcuni, questo “non è giusto, sono considerazioni scorrette ed offensive”.
In Egitto vi sono circa seimila blogger in attività: il numero è molto basso, se messo a confronto con gli 80 milioni di abitanti. Inoltre, pochissimi di questi diari virtuali trattano di questioni politiche o sociali.
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