Cambio di governo a Tokyo: sconcerto nei politici e ansietà nel popolo
di Pino Cazzaniga
Le dimissioni di Hatoyama sono state una scelta coraggiosa. Spingendo anche il segretario del suo partito, Ozawa, a dimettersi ha preparato al successore una strada libera dal blocco del “duplice potere”. La crisi per il contrasto con gli americani su Okinawa.
Tokyo (AsiaNews) - Ha creato sconcerto nel mondo politico e ansietà nel popolo la situazione creatasi con le dimissioni presentate, il 2 giugno, davanti ai 422 parlamentari del suo partito, da Yukio Hatoyama, presidente del Partito democratico del Giappone (DPJ) e primo ministro.
Nell’agosto dell’anno scorso il suo partito aveva aveva vinto le elezioni per il rinnovo della camera con confortevole maggioranza . Ma in solo 8 mesi la sua popolarità è scesa dal 70% (settembre 2009) al 19,1%.
I giapponesi, ora, stanno affrontando una grave crisi politica, forse la più preoccupante dalla fine della guerra. Attribuirla soprattutto alla sinuosità del carattere del premier dimissionario sarebbe sottovalutarla. Il segretario del gabinetto ha detto che la decisione era estremamente incresciosa.
Una decisione coraggiosa.
In realtà, la decisione di Hatoyama non appare come un atto di disimpegno, ma di coraggio. Egli si è accorto che una riforma radicale della politica nazionale e internazionale non era più tramandabile e che per metterla in moto egli si doveva mettere da parte. E lo ha fatto con umiltà chiedendo scusa ai colleghi a tutto il popolo giapponese per non essere stato capace di realizzare il programma promesso. Nessun altro premier lo aveva fatto prima di lui. “Le mie dimissioni serviranno all’interesse nazionale”, ha detto congedandosi.
Il nuovo premier: uomo di valore.
I parlamentari del DPJ hanno agito rapidamente: due giorni dopo (4 giugno) si sono radunati per scegliere il nuovo presidente del partito. Si sono presentati due candidati : Naoto Kan (63) , ministro delle finanze e Shinji Tarutoko (50). Ha vinto il primo con 291 voti; il secondo ne ha ottenuti 129.
Qualche ora dopo i parlamentari della Dieta (parlamento) hanno eletto Kan (nella foto) nuovo primo ministro con 436 voti. Commentando l’elezione, il veterano Shizuka Kamei (74 anni) ha detto ai giornalisti: “è nato un buon primo ministro. In un certo senso, il primo ministro Kan è un uomo che viene dal basso. Egli dà grande importanza al popolo comune. Non ho alcuna preoccupazione per quanto riguarda le sue capacità di leadership”.
Kan, parlando ai 423 parlamentari della coalizione di governo (DPJ e Kokumin Shinto, il partito di Kamei ) ha detto: “La mia priorità sarà quella di riguadagnare (alla politica) la fiducia del popolo” e ha ringraziato Hatoyama e l’ex-segretario del partito, Ichiro Ozawa (68) perchè grazie alla loro leadership con la vittoria elettorale di agosto si è realizzato “lo storico cambiamento di regime“ ed egli intende procedere portando la fiaccola che Hatoyama gli ha passato
Il DPJ deve liberarsi dalla struttura del “duplice potere”
Scrivendo di Ozawa lo abbiamo indicato come ex-segretario, perchè Hatoyama gli aveva chiesto di rinunciare alla carica, non per essere in buona compagnia nella sventura, ma per permettere al partito e al governo di governare effettivamente. E questo è stato un secondo atto di coraggio e di saggezza di Hatoyama.
Ozawa è entrato in parlamento nel 1969 come membro del partito liberal democratico. Primi ministri di fama, come Yashiro Nakasone, lo hanno stimato per la sua abilità di negoziatore tra fazioni in conflitto e così dal 1989, per alcuni anni, ha coperto la carica di segretario di quel partito. Di carattere autoritario si è, però, inimicato membri influenti del partito e cosi lo ha lasciato formandone uno suo che poi si è fuso con il DPJ. Come ex segretario del LDP ha una vasta conoscenza del mondo politico nazionale internazionale che, unita alla sua capacità decisionale, gli ha permesso di diventare il braccio destro del primo ministro. In questo modo si è andata formando una struttura di governo a duplice potere.
La delusione dell’elettorato
Ma il Giappone nell’ultimo decennio è notevolmente cambiato anche a livello politico. Crollato il clientelismo del LDP la gente, specialmente nelle grandi città, è sempre più cosciente del potere democratico che le compete.
L’impressionante vittoria elettorale ottenuta dal DPJ, nell’agosto scorso, si deve soprattutto a questa sensibilità democratica. Gli elettori hanno voluto detronizzare dal governo il partito liberal democratico, nel quale il potere era gestito da un gruppo ritretto di vertice, senza trasparenza. Invce il Partito democratico del Giappone aveva, e ha, le carte in regola e gli uomini capaci di realizzare “lo storico cambiamento di regime”. Ma a capo del partito e del governo c’era un uomo, Hatoyama, che, incapace di risolvere le sue incertezze, si è appoggiato all’uomo, Ozawa, che non solo non conosce incertezze, ma neppure il dialogo democratico. È noto che si è formato un gruppo di 150 parlamentari del DPJ, specialmenti giovani e donne, che gli obbediscono ciecamente.
Hatoyama esortando Ozawa a dimettersi dalla carica di segretario generale del partito ha preparato al successore una strada libera dal blocco del “duplice potere”. Non è merito da poco. Kan, nominato presidente del partito, parlando di Ozawa ha detto: “Penso che sia bene che (Ozawa) assuma un basso profilo, per un pò di tempo”.
Due promesse inconciliabili e la frizione con gli Stati Uniti
Ma ciò che soprattutto ha fatto crollare il governo di Hatoyama e ha mostrato la sua immaturità diplomatica è stata la frizione con gli Stati Uniti.
Nel novembre scorso a Washington si è tenuto il summit contro la proliferazione degli armamenti nucleari. Durante la cena che Barak Obama ha offerto ai partecipanti, il premier giapponese sedeva accanto al presidente degli Stati Uniti. Hatoyama deve avere interpretato la distinzione come espressione di amicizia. Se è così, ha letto male. In realtà, con quella preferenza Obama esprimeva con linguaggio diplomatico l’irritazione che Washington nutriva verso Tokyo dal settembre scorso, cioè da quando Hatoyama è diventato premier del Giappone.
Sono due gli atteggiamenti di Hatoyama che hanno irritato la diplomazia degli Stati Uniti. Primo: nel rendere nota la politica estera del nuovo governo, il premier giapponese ha ribadito l’importanza fondamentale dell’alleanza tra Giappone e Stati Uniti, ma, ha aggiunto, su un piano di parità. Il che significava, collaborazione sì, ma condizionata. Il Giappone rivendica autonomia nelle decisioni di politica estera, quindi anche nelle relazioni con la Cina. Secondo: durante la campagna elettorale nell’estate scorsa e poi, nella prima metà del mese di settembre, Hatoyama ha promesso ai cittadini di Okinawa di impegnrsi a liberare l’isola dalle basi americane. Cosa che, da premier, non poteva fare, perchè i governi del Giappone e degli Stati Uniti hanno firmato un trattato che li impegna a trasportare la base militare americana di Futemna (nel cento dell’isola) in un altra zona dell’isola per rispondere alle richieste della popolazione locale.
Durante la cena di Washington si è sentito il premier giapponese dire al presidente americano: “Trust me” (fidati di me). Alla diplomazia giapponese non è stato difficile farne l’esegesi. Obama gli aveva ricordato l’importanza di quel trattato che non poteva essere annullato e Hatoyama, prendendone atto, gli ha promesso che avrebbe preso publicamente una decisione prima della fine di maggio. Con il “fidati di me” confermava il suo impegno sia a livello diplomatico (Washington) che a livello democratico (popolazione di Okinawa, che, una volta tanto, era sostenuta da quella dell’arcipelago giapponese).
Puntualmente due giorni prima della fine del mese Hatoyama annunciava la decisione del governo di realizzare sostanzialmente il trattato del 2006: cioè, trasportare entro il 2014 la base americana da Futemna a Henoko (una baia sempre nell’isola di Okinawa). La popolazione di Okinawa ha gridato al tradimento: essa dovrà ancora sopportare le sofferenze per la forte presenza militare americana: il 18% del suo territorio è occupato dalle basi degli Stati Uniti e il 75% di tutte le truppe americane in Giappone è stanziato a Okinava.
La presidente del partito socialista, Mizuho Fukushima, membro del governo di coalizione, essendosi rifiutata di firmare la decisione del primo ministro, è stata rimossa dal posto ministeriale che occupava e, di conseguenza, il partito socialista è uscito dalla coalizione. A questo punto, a Hatoyama non è restato che “dimettersi nell’interesse della nazione”.
Una lezione da imparare
Un ideale non si può realizzare se non è coniugato con la realtà. È questo in sintesi il giudizio che l’editorialista dell’Asahi esprime sulla vicenda. È errato imputare la reponsabilità della crisi solo al carattere di Hatoyama. I membri del gabinetto dimissionario per quanto riguarda la sicurezza della nazione, prima di prendere delle decisioni dovevano consultarsi con i primi ministri, i ministri degli esteri e della difesa dei precedenti governi retti dall’LDP. Il trattato U.S.-Giappone del 2006 era stato fatto sulla base di realtà, che i membri del governo dimissionario non conoscevano.
Ma, aggiunge, in un sistema democratico dove il voto popolare condiziona le scelte di governo, la mancanza di interesse nella politica nazionale circa la sicurezza deve essere oggetto di esame di coscienza da parte di tutti. Invece per 60 anni il popolo giapponese si è preoccupato dello sviluppo economico e si è disinteresato dei problemi della sicurezza.. “Se l’attuale crisi - conclude l’analista - avrà come effetto di educare non solo il DPJ ma anche il popolo giapponese dell’imposrtanza e i pericoli associati alla politica della sicurezza nazionale, essa non sarà stata un’esperienza del tutto negativa.”
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