Calma apparente a Bangkok, l’esercito presidia le vie della capitale
Bangkok (AsiaNews) – È una calma apparente quella che si respira oggi per le vie di Bangkok, presidiata da pattuglie della polizia e squadre dell’esercito dislocate in tutta la città per riportare l’ordine dopo le proteste di ieri. Il bilancio degli scontri fra manifestanti e agenti è da bollettino di guerra: due morti e 443 feriti alcuni dei quali in maniera grave; per otto persone si è resa necessaria l’amputazione di uno o entrambi gli arti a causa dei traumi subiti negli scontri. Le vittime sono una donna deceduta a causa delle ferite interne riportate e un uomo ucciso da una autobomba scoppiata nei pressi del Parlamento.
Ieri, esponenti dell’opposizione e membri dell’Alleanza popolare per la democrazia (Pad), si erano radunati davanti al Parlamento per fermare il nuovo premier thailandese Somchai Wongsawat, che si apprestava a fare il discorso programmatico di governo all’assemblea. Per aprire una via di fuga al Primo ministro, la polizia ha usato gas lacrimogeni e spazzato via barricate lungo il percorso, provocando la reazione dei dimostranti.
Quest’oggi Somchai ha visitato un ospedale della capitale dove ha incontrato una ventina di poliziotti, ricoverati a causa delle ferite riportate negli scontri; egli ha difeso l’uso della forza e sottolineato che le violenze sono diretta conseguenza di proteste “la cui natura non era pacifica e disarmata” come affermato dai manifestanti. Accuse respinte al mittente dai leader del Pad, i quali ribadiscono che “il governo non è legittimato” e i suoi esponenti sono dei “tiranni”, ragion per cui continueranno la lotta "finché l’intero esecutivo non darà le dimissioni".
Sui media del Paese le violenze di ieri vengono descritte con toni allarmati: il quotidiano di lingua inglese The Nation parla di una “mini guerra civile” che ha provocato un “bagno di sangue” a Bangkok, mentre il Bangkok Post dice che il Paese “è sull’orlo dell’anarchia”.
I militari nel frattempo mantengono una posizione neutrale e assicurano che “non vi sarà un colpo di Stato” per la conquista del potere; una minaccia reale per il popolo thai, che ha assistito a ben 18 colpi di mano dell’esercito dal 1932 – anno in cui è stata abolita la monarchia assoluta – ad oggi.
Il premier Somchai Wongsawat, oltre a ribadire che non lascerà l’incarico, ha voluto assicurare la comunità internazionale sottolineando che la Thailandia è una nazione “con buone capacità di ripresa” e che gli attuali problemi attraversati dal Paese verranno “risolti mediante un processo democratico”.
Abhisit Vejjachiva, leader dell’opposizione, ha spiegato la mancata partecipazione alla seduta parlamentare di ieri perché “il Primo ministro non ha mantenuto la promessa di promuovere il dialogo” e bandire la violenza nella controversia con i manifestanti; egli dice che è venuta a mancare “la fiducia nel premier e nelle sue parole”. Phra Mah Vudthichai, direttore dell’Istituto dei monaci di Vimuttayalai, chiede che “torni la pace” e invita i concittadini a seguire la filosofia della “non violenza” che è alla base degli insegnamenti del buddismo.
Ha collaborato Weena Kowitwanij