Brian O’Connor: speranze e dubbi sulla visita di re Abdallah al Papa
di Nirmala Carvalho
Il cristiano di origine indiana è stato detenuto per 7 mesi nelle carceri dell’Arabia Saudita a causa della sua fede. In un’intervista ad AsiaNews commenta l’incontro di ieri in Vaticano: passo positivo, ma ora Riyadh deve impegnarsi realmente nel rispetto della libertà religiosa. Il ricordo della persecuzione che subiscono cristiani e tutti i non musulmani nel Regno e la richiesta di reciprocità.
Mumbai (AsiaNews) – Se all’incontro di ieri tra re Abdallah e il Papa non seguirà un “impegno concreto” dell’Arabia Saudita nel rispetto della libertà religiosa, allora dovremo parlare di una “semplice visita di cortesia, una mossa ipocrita, senza significato”. Così Brian O’Connor*, cristiano di origine indiana detenuto nel 2004 nelle prigioni del Regno a causa della sua fede, commenta lo “storico” evento avvenuto in Vaticano. Pur leggendovi un “passo positivo” verso possibili miglioramenti per i cristiani nella zona, egli sottolinea quanto Riyadh sia ancora lontana dal rispetto di ogni diritto umano. Di seguito riportiamo l’intervista rilasciata ad AsiaNews.
Che valore attribuisce all’incontro tra Benedetto XVI e il re saudita?
Si tratta di un passo positivo per i fedeli di ogni religione in tutto il mondo. In particolare rappresenta un primo passo verso un possibile miglioramento delle condizioni dei non musulmani in Arabia Saudita, dove non esiste libertà religiosa. Se però Riyadh non si impegna in modo concreto nel garantire la libertà religiosa allora sarà stata solo una visita di cortesia, una mossa ipocrita del re per dimostrare alla comunità internazionale che il suo Paese si sta aprendo al rispetto delle comunità non islamiche.
Come vive un cristiano in Arabia Saudita?
Il Regno saudita dice di credere nei diritti umani, che secondo la mia esperienza, sono praticamente inesistenti nel Paese. E questo è dimostrato dalla persecuzione in atto. L’Arabia Saudita è sempre agli ultimi posti nelle classifiche mondiali sul rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa.
È fondamentale per i numerosi cristiani che lavorano lì poter praticare la loro fede. Ma questi rischiano ogni volta arresti, fustigazione e rimpatrio perfino se pregano nelle loro case. E non esistono chiese pubbliche ufficiali. La muttawa (polizia religiosa, ndr) è addetta a controllare che il comportamento pubblico e privato della popolazione sia in linea con le norme islamiche. Il mondo deve ricordare che lì i cristiani sono oggetto di abusi, discriminazioni e violenze, per la maggior parte delle volte arrestati con false accuse e poi condannati con prove fabbricate appositamente. Si può finire in carcere anche solo se si possiede o distribuisce qualsiasi tipo di materiale non musulmano.
Che prospettive possono aprirsi dopo la visita di re Abdallah in Vaticano?
Spero che questo incontro inauguri un clima di maggiore rispetto e reciprocità per i non musulmani nel Regno. Spero che vi sarà un giorno libertà di aprire chiese. Sono consapevole che i principali luoghi di culto dell’islam sono in Arabia Saudita, però vi sono moschee a Roma, punto di riferimento di tutta la cristianità. Un cristiano in una prigione saudita, inoltre, non può nemmeno chiedere una Bibbia, mentre in tutto il mondo ad un detenuto musulmano non si nega il Corano. Se il re concederà la piena libertà religiosa, allora la visita di ieri sarà stata fruttuosa e le intenzioni del sovrano potranno dirsi sincere.
*Originario del Karnataka - sudest dell'India - O'Connor è un cristiano protestante: viene rapito dalla muttawa il 25 marzo 2004, davanti alla sua abitazione a Riyadh. Dopo averlo torturato per 24 ore in una moschea, la polizia gli ordina di firmare una dichiarazione in cui ammetteva di vendere liquori. Il cristiano rifiuta ripetutamente di firmare; la muttawa cerca anche di convertirlo all'islam. La sua casa viene perquisita e bibbie, cd e video cristiani confiscati. A settembre è formalmente accusato di 4 reati: vendita di liquori, droga, evangelizzazione e possesso di materiale pornografico. Il 20 ottobre è giudicato colpevole solo di "vendita di liquori" con la pena di 300 frustate e 10 mesi di prigione. O'Connor, si è sempre detto innocente e ha solo ammesso di organizzare incontri di studio e preghiera sulla Bibbia in modo privato, come permesso dalla Stato. A novembre viene liberato ed espulso dal Paese grazie ad una vasta campagna di pressione internazionale promossa da AsiaNews. Ricordando i 7 mesi di prigionia O’Connor non esprime rancore: “Almeno sono serviti a denunciare le violazioni alla libertà religiosa che avvengono in quel Paese”.
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