06/02/2010, 00.00
ARABIA SAUDITA – INDIA
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Brian O’Connor: discriminazione e intolleranza religiosa i mali dell'Arabia saudita

di Nirmala Carvalho
Cristiano di origini indiane, O’Connor ha trascorso sette mesi nelle carceri del regno con la falsa accusa di proselitismo. Egli sottolinea che i “poteri illimitati” della polizia religiosa perpetrano crimini e violenze. E prega ogni giorno per il Paese, i governanti e gli amministratori.

New Delhi (AsiaNews) – Nella società saudita “discriminazioni e intolleranza” sono un dato di fatto “evidente”, aggravato dai “poteri illimitati” di cui gode la muttawa – la polizia religiosa del regno – che perpetra crimini, violenze e favorisce un sistema diffuso di corruttela. È quanto afferma Brian Savio O’Connor, cristiano di origini indiane, per 7 mesi e 7 giorni prigioniero, incatenato e torturato, in un carcere saudita con l’accusa di proselitismo.

Per la sua liberazione AsiaNews aveva lanciato una campagna internazionale. Al 41enne cristiano del Karnataka – che ha avviato un centro per bambini orfani, aperto a ogni fede religiosa – abbiamo chiesto di commentare i risultati di un’inchiesta sulla situazione politica e sociale dell’Arabia Saudita, realizzata con un sondaggio effettuato nel novembre 2009 da Pechter Middle East Polls, istituto demoscopico privato con base a Princeton (Stati Uniti).
 
Di seguito riportiamo l’intervista di Brian Savio O’Connor (nella foto con la famiglia) ad AsiaNews:
 
Signor O’Connor, dove nasce il problema legato alla corruzione?
Fino a quando il regno non permetterà una piena libertà religiosa e non rispetterà lo spirito di reciprocità, la corruzione continuerà ad affliggere la società saudita e avrà conseguenze disastrose a livello sociale. La muttawa gode di poteri illimitati e sfrutta la propria posizione per colpire i fedeli di altre religioni; pregare in abitazioni private è causa di arresti e condanne al carcere.
 
Quali episodi di corruzione ha testimoniato durante la prigionia?
[Il carcere] è il paradiso per la corruzione, per i secondini ogni favore può essere “comprato al prezzo giusto”, e per i non-musulmani la situazione è anche peggiore. Le autorità carcerarie utilizzavano mezzi sottili per convincermi ad abiurare la mia fede e abbracciare l’islam. E questo accadeva a moltissime persone, imprigionate con accuse del tutto inventate. Il solo fatto di cambiare il proprio nome in Mohammedan poteva servire per godere di alcuni benefici. Il potere arbitrario della polizia religiosa ha contribuito ad innalzare il livello del fondamentalismo, che ha delle ripercussioni nello sviluppo sociale, nella giustizia e nei diritti umani.
 
Può descrivere ai lettori le sue giornate in Arabia Saudita?
Nella società saudita la discriminazione e l’intolleranza verso i non-musulmani sono evidenti e hanno raggiunto livelli preoccupanti. La mancanza di trasparenza causa violenze arbitrarie verso i non musulmani, che portano poi a violazioni dei diritti umani. A mio parere, la rigidità della società saudita e la negazione della libertà religiosa portano alla diffusione del fondamentalismo. Comunque, dalle ultime testimonianze che ho ricevuto a Riyadh, la città dove ho vissuto, la muttawa ha allentato la morsa, attacchi e intimidazioni sono in diminuzione e questo è incoraggiante.
 
A suo parere, cosa può aiutare il Paese a liberarsi dall’estremismo e dalla corruzione?
È risaputo che in Arabia Saudita non vi è un riconoscimento legale della libertà religiosa e questo apre la strada a pene per corruzione imposte in base all’ordinamento giuridico. Al fine di sradicare la fonte di corruzione, è urgente una legge che assicuri protezione per i fedeli di tutti i gruppi religiosi, mettere fine agli attacchi verso i gruppi religiosi e promuovere il valore della tolleranza.
 
Cosa ci può dire dei musulmani. La loro situazione è migliore?
Per i nostri fratelli e sorelle musulmani, il problema religioso non si pone. Tuttavia, un contesto legislativo così rigido in materia di libertà religiosa ha ripercussioni anche per loro. Per quanto concerne la mia esperienza, da un lato gli esperti di legge islamica cercano di imporre una visione dogmatica del mondo, e una visione dogmatica nell’interpretazione della realtà, dei testi religiosi, al fine di controllare il singolo individuo e l’intera società. Dall’altra parte, essi scoraggiano quanti sfidano la loro visione del mondo e si oppongono in maniera ferma ai valori democratici e al pluralismo.
 
E la sua vita, come è cambiata dopo la prigionia nelle carceri saudite?
Mi sono sposato. Io e mia moglie Liza abbiamo due bambini. Vivo a Hubli, nel Karnataka e abbiamo avviato un centro intitolato: “Disciple Training Centre”. Vogliamo diffondere la fede fra i pastori e i laici. Prego ogni giorno per il regno saudita, per i governanti e gli amministratori, affinché concedano la libertà religiosa, per il bene della nazione e di tutto il popolo.
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