Brahimi: la Cina può avere un ruolo positivo nella crisi siriana
Beirut (AsiaNews) - "La Cina può giocare un ruolo attivo per risolvere gli eventi in Siria": è la convinzione e al tempo stesso la sollecitazione espresse stamattina da Lakhdar Brahimi, inviato dell'Onu e della Lega araba, al termine del suo incontro con il ministro degli esteri di Pechino, Yang Jiechi (nella foto).
Brahimi, succeduto a Kofi Annan nella missione di trovare una soluzione alla crisi siriana, è a Pechino da due giorni all'indomani della visita compiuta a Mosca. Gli incontri con i due Paesi che hanno bloccato con il veto progetti di risoluzione dell'Onu miranti ad accrescere la pressione internazionale sul regime siriano appaiono come un tentativo di trovare gli spazi per la proposta che Brahimi dovrà presentare il prossimo mese al Consiglio di sicurezza.
Da parte cinese, Yang al termine dell'incontro - il terzo in due mesi - ha espresso la speranza che si promuova "comprensione reciproca". La Cina è sempre ufficialmente contraria a ogni intervento negli "affari interni" di altri Paesi e lo stesso Yang, intervenendo il mese scorso all'assemblea dell'Onu confermò tale impostazione, aggiungendo che nessuna transizione può essere imposta dall'esterno con la forza.
Ancora sul fronte cinese, va ricordato che Yang ha incontrato sia un inviato del presidente Bashar al-Assad ad agosto e il mese successivo esponenti dell'opposizione. Secondo le fonti di Pechino questi ultimi erano stati messi in guardia verso l'intervento di forze esterne mirate a una transizione politica, mentre all'inviato di Assad era stato detto che entrambe le parti dovevano collaborare con gli sforzi di una mediazione internazionale.
Mentre in Siria non si placano gli scontri armati, un importante religioso saudita ha chiesto agli stranieri di non unirsi ai ribelli siriani, perché la loro presenza "può solo complicare la crisi e ripetere il problema afgano". La preoccupazione espresso sul sito da Salman Al Awdah si riferisce al fatto che il regime siriano continua a dire di essere in guerra con "terroristi" e la presenza di combattenti provenienti da aree come l'Afghanistan, il Pakistan, la Libia o lo Yemen rischia di dare una base di credibilità a tali affermazioni. "Lasciate - si legge nel sito del religioso - la Siria ai siriani, che non mancano di coraggio e uomini", "Non hanno bisogno di un maggior numero di combattenti, ma di fondi e armi".