Borse asiatiche in ripresa, oro record “nuova valuta” mondiale
Modesta ma diffusa ripresa delle borse in Asia, dopo le perdite degli ultimi giorni. Ma l’oro vola oltre 1900 dollari l’oncia e si propone ormai come vera “valuta corrente del mondo”. In Cina si attende di vedere cosa faranno le grandi banche, dopo che fonti ufficiali insistono sul pericolo dei “cattivi prestiti”.
Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) – Borse asiatiche in rialzo, dopo i risultati positivi di ieri delle borse europee e soprattutto di Wall Street, ma l’oro continua la sua corsa e oggi a Hong Kong infrange il muro dei 1900 dollari l’oncia. Il metallo giallo, dopo un’apertura sui 1898 dollari, nella mattina ha raggiunto i 1915,50 dollari. Gli analisti prevedono che continuerà la sua corsa, come bene di rifugio privilegiato, per superare entro l’anno i 2000 dollari l’oncia, con una crescita record di oltre il 41% nel 2011.
Il noto economista Dennis Gartman spiega che “l’oro, in questo momento, è la valuta corrente del mondo, con il mondo convinto che le autorità fiscali e monetarie con probabilità non faranno quanto necessario per risolvere gli attuali problemi fiscali globali”.
Secondo il World Gold Council, le banche centrali mondiali hanno aggiunto 155 tonnellate di oro alle riserve nei primi 5 mesi del 2011, per un valore di 8,18 miliardi di dollari. I soli Thailandia, Corea del Sud e Kazakistan hanno aggiunto alle riserve oro per 2,38 miliardi di dollari.
L’aumento dell’oro è ancora più significativo perché oggi le borse asiatiche sono in ripresa, ancorché contenuta, dopo 3 giorni di perdite (nella foto, le perdite di venerdì in borsa): la borsa di Tokyo ha guadagnato 1,2%, Shanghai 1,2%, Hong Kong circa il 2%, Seoul il 3,9% (aveva ceduto il 9,6% nei giorni scorsi). Segno di rinnovata fiducia ma assai cauta sull’economia Usa e sulla capacità degli Stati europei di affrontare la crisi del debito estero. C’è attesa per il discorso, nei prossimi giorni, del capo della Federal Reserve Usa Ben Bernanke sulla situazione dell’economia Usa e sulle misure per superare la crisi. Anche la situazione in Libia, con la previsione di una prossima vittoria dei ribelli contro il regine di Gheddafi, spinge i mercati per l’attesa di maggiori forniture di petrolio.
In Cina si attende di vedere cosa faranno le maggiori banche erogatrici di finanziamenti, come la Industrial and Commercial Bank of China Icbc, la Agricultural Bank of China, la Bank of China, la China Construction Bank Ccb, dopo che ieri Wu Xiaoling, ex vice governatore della centrale Banca del Popolo di Cina, ha detto che gli istituti di “importanza per il sistema” affronteranno perdite finanziarie tra 400 e 500 miliardi di yuan nei prossimi 5 anni. Esperti ritengono che Pechino sia molto preoccupata che le grandi banche si riempiano di prestiti di difficile recupero e voglia che siano ridotti; molti prevedono che sarà presto aumentata la riserva monetaria obbligatoria per gli istituti altri di importanza strategica come le suddette “4 grandi” (che da sole gestiscono circa il 45% dei prodotti bancari del Paese) e altre coma la Banca di Cina. In reazione, ieri le azioni di Icbc e di Ccb sono scese ai valori minimi da oltre 2 anni. Destano soprattutto preoccupazione i finanziamenti erogati con larghezza ai governi locali, in parte utilizzati per spese di rappresentanza come uffici e veicoli nuovi, ma pure usati per realizzare infrastrutture come nuove autostrade e aeroporti che, tuttavia, in molti casi non hanno portato nuova liquidità adeguata per ripianare la spesa.
Il governo centrale appare intenzionato a limitare il denaro circolante, anche perché i dati sull’inflazione sono sempre più allarmanti. A luglio a Hong Kong l’inflazione è stata del 7,9%, record dal 1995, spinta soprattutto dalla crescita del costo di alimenti e locazioni, cosa che spingerà la richiesta di maggiori salari e potrebbe indurre molte aziende a chiudere.
Altro campanello d’allarme è il rallentamento a luglio della produzione industriale cinese, per il 2° mese consecutivo, ritenuta conseguenza dei crescenti costi per le materie prime e della diminuita domanda estera. Anche se Pechino vuole controllare la crescita, per evitare effetti inflattivi, il rischio è che l’inflazione stia superando la crescita economica, colpendo soprattutto le famiglie meno abbienti e spingendole verso una situazione di povertà.
Il noto economista Dennis Gartman spiega che “l’oro, in questo momento, è la valuta corrente del mondo, con il mondo convinto che le autorità fiscali e monetarie con probabilità non faranno quanto necessario per risolvere gli attuali problemi fiscali globali”.
Secondo il World Gold Council, le banche centrali mondiali hanno aggiunto 155 tonnellate di oro alle riserve nei primi 5 mesi del 2011, per un valore di 8,18 miliardi di dollari. I soli Thailandia, Corea del Sud e Kazakistan hanno aggiunto alle riserve oro per 2,38 miliardi di dollari.
L’aumento dell’oro è ancora più significativo perché oggi le borse asiatiche sono in ripresa, ancorché contenuta, dopo 3 giorni di perdite (nella foto, le perdite di venerdì in borsa): la borsa di Tokyo ha guadagnato 1,2%, Shanghai 1,2%, Hong Kong circa il 2%, Seoul il 3,9% (aveva ceduto il 9,6% nei giorni scorsi). Segno di rinnovata fiducia ma assai cauta sull’economia Usa e sulla capacità degli Stati europei di affrontare la crisi del debito estero. C’è attesa per il discorso, nei prossimi giorni, del capo della Federal Reserve Usa Ben Bernanke sulla situazione dell’economia Usa e sulle misure per superare la crisi. Anche la situazione in Libia, con la previsione di una prossima vittoria dei ribelli contro il regine di Gheddafi, spinge i mercati per l’attesa di maggiori forniture di petrolio.
In Cina si attende di vedere cosa faranno le maggiori banche erogatrici di finanziamenti, come la Industrial and Commercial Bank of China Icbc, la Agricultural Bank of China, la Bank of China, la China Construction Bank Ccb, dopo che ieri Wu Xiaoling, ex vice governatore della centrale Banca del Popolo di Cina, ha detto che gli istituti di “importanza per il sistema” affronteranno perdite finanziarie tra 400 e 500 miliardi di yuan nei prossimi 5 anni. Esperti ritengono che Pechino sia molto preoccupata che le grandi banche si riempiano di prestiti di difficile recupero e voglia che siano ridotti; molti prevedono che sarà presto aumentata la riserva monetaria obbligatoria per gli istituti altri di importanza strategica come le suddette “4 grandi” (che da sole gestiscono circa il 45% dei prodotti bancari del Paese) e altre coma la Banca di Cina. In reazione, ieri le azioni di Icbc e di Ccb sono scese ai valori minimi da oltre 2 anni. Destano soprattutto preoccupazione i finanziamenti erogati con larghezza ai governi locali, in parte utilizzati per spese di rappresentanza come uffici e veicoli nuovi, ma pure usati per realizzare infrastrutture come nuove autostrade e aeroporti che, tuttavia, in molti casi non hanno portato nuova liquidità adeguata per ripianare la spesa.
Il governo centrale appare intenzionato a limitare il denaro circolante, anche perché i dati sull’inflazione sono sempre più allarmanti. A luglio a Hong Kong l’inflazione è stata del 7,9%, record dal 1995, spinta soprattutto dalla crescita del costo di alimenti e locazioni, cosa che spingerà la richiesta di maggiori salari e potrebbe indurre molte aziende a chiudere.
Altro campanello d’allarme è il rallentamento a luglio della produzione industriale cinese, per il 2° mese consecutivo, ritenuta conseguenza dei crescenti costi per le materie prime e della diminuita domanda estera. Anche se Pechino vuole controllare la crescita, per evitare effetti inflattivi, il rischio è che l’inflazione stia superando la crescita economica, colpendo soprattutto le famiglie meno abbienti e spingendole verso una situazione di povertà.
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