27/09/2024, 11.40
SIRIA - ISRAELE - LIBANO
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Bombe israeliane o ritorno da Assad: il dramma dei profughi siriani in Libano

Per anni in fuga dal Paese di origine, oggi sono costretti a rientrare di fronte alla guerra lanciata dallo Stato ebraico a Hezbollah. Nelle ultime 48 ore quasi 30mila nuovi sfollati. Beirut registra l’attraversamento del confine “di 15.600 cittadini siriani e 16.130 cittadini libanesi”. Per chi torna un triplice dilemma: arresto, arruolamento o perdita dello status di rifugiato. 

Damasco (AsiaNews) - Per anni in passato erano i siriani a fuggire da un Paese martoriato dalla guerra, in cerca di rifugio nel vicino Libano. Oggi si assiste al fenomeno opposto: migliaia di libanesi (e siriani) cercano di varcare i confini scegliendo, come male minore, la nazione araba ancora instabile dopo oltre un decennio di conflitto sanguinoso che non ha scalfito il potere del presidente Bashar al-Assad, rispetto al Paese dei cedri da giorni sotto le bombe di Israele. Un esodo disperato dai raid dei caccia con la stella di David che hanno già causato oltre 700 morti e migliaia di feriti, anche donne e bambini; una vera e propria “emergenza” che si sta consumando da giorni come denunciano ong e movimenti internazionali, fra i quali l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) che ha già rafforzato i programmi di assistenza agli sfollati. 

Secondo le autorità libanesi (nazione che ospita circa 1,5 milioni di rifugiati siriani, cui si aggiungono 11mila da altre nazioni), solo nelle ultime 48 ore si contano quasi 30mila sfollati, ma tanti altri stanno abbandonando in tutta fretta le loro abitazioni. “Questo spargimento di sangue sta causando un terribile tributo, spingendo decine di migliaia di persone ad abbandonare le loro case” sottolinea Filippo Grandi, Alto commissario Onu per i rifugiati. “È l’ennesima prova per le famiglie che sono fuggite dalla guerra in Siria e che ora vengono bombardate nel Paese in cui hanno cercato rifugio. Dobbiamo evitare - auspica - di ripetere queste scene di disperazione e devastazione”, anche perché “il Medio oriente non può permettersi un’altra crisi rifugiati”.

Centinaia di veicoli sono in coda ammassati al confine siriano. Molte persone arrivano anche a piedi, trasportando ciò che possono. Folle composte anche da donne, bambini piccoli o neonati, aspettano in fila dopo aver trascorso la notte all’aperto con le temperature che iniziano ad abbassarsi. Alcuni portano con sé ferite fresche dovute ai recenti bombardamenti, invocando l’aiuto degli operatori Unhcr presenti sul campo e ai valichi di frontiera insieme alla Mezzaluna Rossa araba siriana per garantire cibo, acqua, coperte e materassi. “La situazione umanitaria in Siria - spiega la nota dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati - rimane disastrosa”, anche perché “il terremoto del 2023 e il prolungato conflitto hanno lasciato le infrastrutture critiche a pezzi e milioni di persone hanno bisogno di assistenza”.

Le autorità libanesi hanno dichiarato ieri di aver “registrato l’attraversamento di 15.600 cittadini siriani e 16.130 cittadini libanesi in territorio siriano”. Fonti della sicurezza di Damasco interpellati dall’Afp aggiungono che questa settimana oltre 22mila persone, tra cui più di 7mila libanesi, hanno attraversato la frontiera fra i due Paesi utilizzando gli unici due varchi disponibili. In un’intervista rilasciata al quotidiano The National il 25 settembre scorso il ministro libanese dell’Economia Amin Salam ha affermato che tutte le famiglie in fuga dai bombardamenti israeliani, libanesi o siriane, hanno diritto agli aiuti, ma che “la priorità viene data ai libanesi”.

Del resto lo status dei siriani in Libano rimane una questione molto delicata, soprattutto dal 2019 da che il Paese dei cedri è sprofondato in quella che la Banca mondiale ha descritto come una delle peggiori crisi economiche degli ultimi secoli. Le file di autobus e auto si sono estese per diversi chilometri dal confine con la Siria a partire dal 23 settembre e alcune famiglie hanno intrapreso un lungo viaggio a piedi. Una volta arrivate in Siria (dove oggi si contano cinque soldati uccisi in un attacco israeliano), le persone hanno aspettato altre ore per essere registrate da funzionari di frontiera sovraccarichi, mentre gli operatori umanitari distribuiscono senza sosta cibo, acqua, materassi e coperte. Alcuni sono rifugiati di ritorno come Emad al-Salim, che era fuggito da Aleppo nel 2014. Viveva nella città costiera meridionale di Tiro quando sono iniziati i bombardamenti; egli ha raccolto la moglie e i sei figli ed è fuggito di nuovo. “Mentre uscivamo vi erano case distrutte davanti a me” ha raccontato all’Associated Press. “Ci sono voluti tre giorni per arrivare qui”.

Nada Hamid al-Lajji è tornata con la sua famiglia dopo sette anni di permanenza in Libano col marito. Sono originari della Siria orientale, ma ancora non sa dove ricollocarsi, perché “non ho nemmeno più una casa”. Anche molte famiglie libanesi sono in fuga: Mahmoud Ahmad Tawbeh, del villaggio di Arnoun, nel sud, vorrebbe alloggiare con la famiglia allargata di 35 persone in una casa in affitto in un sobborgo di Damasco. “Siamo partiti con difficoltà, molte bombe cadevano sopra le nostre teste, case del villaggio sono state distrutte e diversi vicini uccisi”.

Per molti in Libano, in particolare per quanti vivono nella Valle della Bekaa, nella parte orientale, la Siria sembra essere la via più veloce per mettersi in salvo. Oltre a coloro che sono fuggiti dalla guerra, molti siriani erano venuti in precedenza in Libano per motivi di lavoro o familiari e attraversano regolarmente il confine. A questi si aggiungono quanti sono arrivati come rifugiati e sono riluttanti di fronte alla prospettiva di un rientro nella patria di origine, per il timore di essere arrestati per l’accusa, o il sospetto, di legami con l’opposizione ad Assad, per il timore di essere arruolati a forza nell’esercito o di perdere lo status di rifugiati.

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