31/01/2006, 00.00
IRAQ
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Bombe, ma anche persecuzione nascosta per cacciare i cristiani dall'Iraq

Esponenti della locale chiesa caldea spiegano ad AsiaNews i possibili moventi degli attentati di domenica a Kirkuk e Baghdad e raccontano quotidiane discriminazioni e minacce  contro la comunità.

Mosul (AsiaNews) – C'è una "persecuzione nascosta" contro i cristiani in Iraq, fatta di quotidiane minacce, rapimenti, discriminazioni, che accompagna le azioni eclatanti come la serie di autobomba di domenica scorsa contro edifici cristiani a Kirkuk e Baghdad. Lo scopo: alimentare le divisioni interne e l'instabilità politica, ma anche "spingere la comunità cristiana fuori dal Paese".

Così voci dalla locale Chiesa caldea spiegano ad AsiaNews gli attentati, che il 29 gennaio hanno fatto ricadere i cristiani iracheni nell'"incubo di rivivere le stesse violenze del 2004". Solo nell'agosto di quell'anno attacchi contro 4 chiese a Baghdad e una Mosul fecero 12 morti e diversi feriti. Domenica il bilancio è stato di 3 morti, un cattolico e due musulmani, e 9 feriti.

Nessuno ha finora rivendicato gli attentati. Tra la gente circola la voce che sia stata la risposta alle contestate caricature di Maometto apparse su un giornale danese. Ma secondo mons. Rabban Al Qas, vescovo caldeo di Amadiyah e di Erbil (Kurdistan), la spiegazione è ben diversa. "Era un piano studiato da settimane - dichiara - le autobomba non si preparano in pochi giorni". Il presule ipotizza che dietro questi attentati ci siano "forze intenzionate a destabilizzare e dividere il Paese". "Ma anche – aggiunge – il continuo tentativo di arabi fanatici di spingere i cristiani fuori dall'Iraq". Il vescovo racconta che in un incontro svoltosi il 28 gennaio scorso tra vescovi ortodossi, siro-cattolici e caldei delle diocesi del nord si è ribadita la "generale situazione di pericolo per la comunità".

La persecuzione non è attuata solo con azioni forti e simboliche ed assume anche le forme di una costante discriminazione nella vita di tutti i giorni. AsiaNews ne ha raccolto alcune testimonianze da Mosul. Dopo le elezioni legislative del 15 dicembre si sperava in un miglioramento, "ma ancora non è cambiato niente" racconta un giovane impegnato nelle attività della chiesa del Santo Spirito a Mosul. "Nella nostra parrocchia continuano i rapimenti dei cristiani, dobbiamo pagare ingenti riscatti, in molti scelgono di fuggire". Sempre da Mosul riferiscono che "sul lavoro, nelle pratiche di amministrazione pubblica i cristiani vengono considerati cittadini di seconda classe: per ottenere un documento, ad esempio, impieghiamo sempre tempi più lunghi di un musulmano".

Pur escludendo "in modo categorico" una deriva fondamentalista del futuro governo iracheno, alcuni seminaristi locali spiegano che i cristiani "sono ormai abituati alla discriminazione". "Per strada, in città, echeggiano sempre le stesse accuse: 'crociati infedeli'. Anche con musulmani, con i quali abbiamo buoni rapporti sentiamo sempre il peso di questa condanna".

Un sacerdote caldeo riferisce che dopo le bombe di domenica "è stata aumentata la sicurezza davanti agli edifici religiosi e continuiamo a ripetere di tenere gli occhi aperti. Nessuno vuole rivivere l'incubo del 2004". Mons. Al Qas dichiara che lo stesso nunzio e il patriarca caldeo Emmanuel III Delly hanno invitato a "vivere nella prudenza".

Alla messa di domenica scorsa nella chiesa del Santo Spirito di Mosul hanno partecipato circa 850 persone. "Tutti sembravano tranquilli e soddisfatti – dice il parroco – ma domenica prossima non so quanto gente verrà". "Spero che i fedeli non si facciano spaventare – conclude – dobbiamo ricostruire la nostra comunità". (MA)

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