Belucistan, il crocevia di tensioni e affari al centro dello scontro tra Iran e Pakistan
Islamabad ha risposto agli attachi iraniani di due giorni fa, portando l'attenzione su una regione divisa tra Iran, Pakistan e Afghanistan, base di diversi gruppi indipendentisti. Ospita gruppi salafiti, ma i beluci sono stati anche vittime della repressione di Teheran dopo la morte di Mahsa Amini. La Cina, che nella regione ha ampi interessi economici, si è proposta come mediatrice. Per gli analisti nessuno dei due Paesi oggi vuole mostrarsi debole.
Islamabad (AsiaNews/Agenzie) - Il Pakistan ha risposto all’attacco iraniano lanciato la sera del 16 gennaio, giornata in cui l’Iran ha lanciato degli attacchi aerei nella provincia sud-occidentale del Belucistan, facendo temere un allargamento del conflitto in Medio Oriente, dove i gruppi filo-iraniani sono direttamente coinvolti. Almeno sette persone sono morte, hanno comunicato i media iraniani. La Cina, alleata del Pakistan, che ha interessi economici nella regione del Belucistan dove si è verificato lo scontro, si è subito proposta come mediatrice per abbassare la tensione.
Negli ultimi giorni le Guardie della rivoluzione iraniana hanno bombardato in meno di 24 ore le aree vicino a Idlib nel nord-est della Siria, poi Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, e infine il Belucistan. In tutti questi casi gli obiettivi per cui l’Iran ha dichiarato di aver lanciato gli attacchi non sono stati colpiti; al contrario, sono invece morti dei civili: in Pakistan i missili iraniani, che miravano al Jaish al-Adl (un gruppo terroristico vicino ad al-Qaeda), hanno ucciso due bambini, come è stato comunicato ieri dalle autorità pakistane prima di ritirare il proprio ambasciatore dall’Iran ed espellere quello iraniano in Pakistan. A Erbil - contrariamente a quanto sostenuto dai funzionari iraniani - non è mai esistito un “quartier generale di spionaggio del Mossad israeliano”, mentre l’edificio colpito in Siria - secondo Teheran un covo di terroristi dell’Isis responsabili dell’attentato a Kerman nel quale il 15 dicembre sono morti 84 pellegrini - era vuoto dal 2017, hanno rivelato fonti locali.
Mentre i media iraniani hanno affermato di aver distrutto strutture in cui si addestravano i combattenti dello Stato islamico della provincia del Khorasan (ISPK), gli esperti hanno ricordato che il gruppo non ha basi in Siria, ma è semmai attivo nel vicino Afghanistan, un obiettivo troppo ambizioso anche per l’Iran, che non ha nessuna intenzione di inimicarsi i talebani.
Il lancio di razzi verso il Pakistan potrebbe aver in un primo momento colto di sorpresa gli esperti, a maggior ragione per il fatto che nei giorni scorsi si era svolta l’inaugurazione della fiera delle esportazioni iraniane verso il Pakistan nella città iraniana di Chabahar e la frontiera tra i due Paesi era stata definita in quell'occasione dal governo di Teheran un “confine di amicizia e di pace”.
Tuttavia l’attacco iraniano si inserisce nella stessa logica dei precedenti: Teheran vuole dimostrare di essere in grado di vendicare gli attacchi subiti nel proprio territorio, dopo che a dicembre il gruppo Jaish al-Adl aveva rivendicato un attacco a una stazione di polizia iraniana uccidendo 11 agenti. In quell’occasione il ministro degli Interni iraniano, Ahmad Vahidi, aveva lanciato un avvertimento chiedendo al Pakistan di intervenire per fermare gli attacchi del gruppo.
Allo stesso modo il Pakistan, una potenza nucleare circondata da vicini che ritiene ostili (l’India e l’Afghanistan) ha probabilmente risposto all’attacco iraniano per non mostrarsi debole agli occhi degli altri Paesi della regione, ritengono alcuni analisti.
La regione del Belucistan si estende tra l’Iran, il Pakistan e l’Afghanistan e ospita diversi gruppi terroristici che negli anni hanno preso il posto dei gruppi di etnia beluci che lottavano per l’indipendenza della regione. Il Jaish al-Adl (Esercito della giustizia) è emerso nel 2012 dalle ceneri di un altro gruppo sunnita di tradizione salafita, il Jundallah, conosciuto anche come Movimento di resistenza popolare iraniano. In seguito alla morte di Mahsa Amini nel 2022 anche nella provincia iraniana del Sistan e del Belucistan erano aumentati i disordini e le proteste, provocando la dura repressione del regime di Teheran nei confronti della minoranza dei beluci.
Ma anche le forze di sicurezza del Pakistan subiscono da decenni gli attentati dell’Esercito di liberazione del Belucistan (BLA, il gruppo più noto insieme al Fronte di liberazione del Belucistan, BLF) e nelle ultime settimane - mentre il Paese cerca con grosse difficoltà di approcciarsi alle elezioni dell’8 febbraio - si erano registrate diverse proteste da parte della popolazione locale contro i metodi violenti e repressivi utilizzati dall’esercito pakistano per sedare l’insorgenza. A inizio mese, 400 manifestanti (metà dei quali donne e bambini) avevano sfidato il freddo per accamparsi fuori dal National Press Club di Islamabad e protestare contro le uccisioni extragiudiziali e le sparizioni forzate di persone accusate di far parte di organizzazioni terroristiche.
Pechino - che nella regione, ricca di risorse minerarie, ha diversi interessi, e ha in passato subito gli attentati degli indipendentisti beluci del Pakistan che si oppongono agli investimenti cinesi - si è subito proposta come mediatrice: “La Cina spera sinceramente che le due parti possano dar prova di calma e moderazione ed evitare un'escalation di tensione", ha detto oggi la portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, in conferenza stampa. I leader tribali del Belucistan si sono da sempre opposti al progetto del porto di Gwadar, considerato da Pechino il fiore all’occhiello della Belt and Road Initiative perché collega il corridoio economico che parte dallo Xinjiang, nel nord-ovest della Cina, e la costa del Belucistan pakistano sul Mar Arabico. La popolazione locale, invece, non vede un sufficiente ritorno economico dal progetto e al contrario, ritiene che la Cina, insieme al governo pakistani, stiano depredando la regione di risorse preziose per il sostentamento dei beluci.
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