11/05/2022, 10.05
LIBANO - FRANCIA
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Beirut, viaggio di solidarietà dei vescovi francesi ad un Paese ‘ancora vivo’

di Fady Noun

Ma la sua sorgente di vita, aggiunge l’arcivescovo di Reims, si sta “un po’ prosciugando”. Dall’8 al 12 maggio una delegazione di prelati è in visita ufficiale nel Paese dei cedri. Fra i momenti più salienti la tappa al porto della capitale, teatro della devastante esplosione dell’agosto 2020. Il messaggio di pace per l’Europa e il mondo. 

Beirut (AsiaNews) - In una fase in cui “vi è un qualcosa di importante per la storia del mondo, che certamente si sta giocando in Libano”, una delegazione della Conferenza episcopale francese (Cef), guidata dal presidente mons. Éric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims, è in visita ufficiale in Libano dall’8 al 12 maggio. Il gruppo comprende anche mons. Nicolas Brouwet, vescovo di Nîmes, Stanislas Lalanne, vescovo di Pontoise, mons. Maroun Nasser Gemayel, vescovo maronita di Francia, Pascal Gollnisch, direttore generale de L’Œuvre d’Orient, oltre ai padri Hugues de Woillemont ed Éric Mouterde, rispettivamente segretario generale e segretario generale aggiunto della Cef.

“La Chiesa di Francia desidera vedere i frutti della solidarietà e della generosità del popolo francese che si distingue nelle numerose opere sociali, a Beirut e in tutto il Paese” ha sottolineato in una nota la delegazione nei giorni precedenti la visita. “Questo sostegno - prosegue il comunicato Cef - agli ospedali, l’assistenza ai rifugiati e alle scuole, il volontariato verso la gente di strada sono resi possibili anche grazie all’amicizia, alla preghiera e alle donazioni di centinaia di migliaia di cattolici”. 

Durante il suo breve soggiorno, la delegazione della Conferenza episcopale francese ha incontrato i patriarchi cattolici orientali in Libano, oltre ai vescovi in rappresentanza delle Chiese caldea e latina. Inoltre, i partecipanti sono stati ricevuti dal nunzio apostolici in Libano, oltre all’ambasciatrice di Francia in Libano, Anne Grillo. Fra gli appuntamenti in programma vi sono state anche le visite alle comunità religiose e al campo profughi palestinese di Dbayé, situato in una zona a prevalenza cristiana della periferia di Beirut.

Al porto di Beirut

Uno dei momenti forti di questo soggiorno è stata la visita (nella foto) nel luogo della catastrofica esplosione del 4 agosto 2020, a porto di Beirut, in cui sono morte 220 persone. La delegazione vi si è recata, in modo discreto, lo scorso 9 maggio guidata da p. Hani Tawk, un sacerdote maronita sposato, che gestisce nella regione una mensa diventata popolare. All’ombra dei silos distrutti e dei suoni degli escavatori che lavoravano per smantellare una nave arrugginita sbalzata sulla terraferma dall’esplosione i presenti, riuniti attorno a una statuetta della Vergine Maria, si sono riuniti e hanno pregato per le vittime della terribile tragedia, compresi i dipendenti portuali e i membri di una squadra di vigili del fuoco deceduti mentre cercavano di spegnere l'incendio scoppiato nell’hangar al cui interno erano conservati - senza alcuna precauzione - centinaia di sacchetti contenenti nitrato di ammonio. Un’indagine aperta per determinare la responsabilità della tragedia non ha ancora prodotto alcun risultato, anche a causa di ostacoli politici e legali che operano per paralizzarla.

“Ho letto articoli, ho visto foto sulla catastrofe del 4 agosto, ma niente è come vedere le cose da vicino, con i propri occhi, e realizzare cosa può essere stato” ha sottolineato mons. Eric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims, a conclusione della visita al porto. Una cosa è parlare di fraternità, altro è farsi toccare nella carne su ciò che può essere accaduto lì”. 

“Ho avuto - aggiunge il prelato - la possibilità di venire in Libano nel 2004 e nel 2018. Ai tempi avevo visto la piazza in cui è morto in un attentato Rafic Hariri; oggi ecco un altro luogo di catastrofe. Ciò che è impressionante in Libano, è il fatto che questo Paese sia ancora vivo. Tuttavia, a volte sembra che questa sorgente di vita si stia un po’ prosciugando, ma la nostra preghiera è per il Libano perché possa riconquistare il suo desiderio di vita, costruendo e incarnando ciò che san Giovanni Paolo Ii ha detto sul suo essere un messaggio al mondo. Vi è un qualcosa di importante per la storia mondiale che di certo, oggi, si sta giocando qui in Libano, come è sempre stato”.

In un messaggio del 7 settembre 1989 rivolto ai vescovi cattolici di tutto il mondo, Giovanni Paolo II ha affermato: “La Chiesa vuole mostrare al mondo che il Libano è più di un Paese: è un messaggio di libertà e un esempio di pluralismo per l’Oriente e per l’Occidente!”. “La scomparsa del Libano - ha aggiunto il pontefice - sarebbe senza dubbio uno dei grandi rimorsi del mondo. La sua salvaguardia è uno dei compiti più urgenti e nobili che il mondo di oggi si deve assumere”.

Sulla sua preoccupazione per l’Europa e la guerra in Ucraina che i libanesi condividono, mons. de Moulins-Beaufort ricorda, in nome di una memoria da mantenere viva, che non dobbiamo dimenticare la guerra nei Balcani che tanto ha ferito e causato lutti nel Vecchio continente. “Detto questo, la guerra in Ucraina ci riporta a ore tragiche” prosegue. “È una guerra di predazione. Abbiamo l‘impressione che un popolo voglia impadronirsi di un altro. Pensavamo che questo approccio fosse scomparso una volta per tutte. Fare la pace è una grande sfida per l’umanità, ma osiamo credere che sia più umana e più umanizzante che fare la guerra”.

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