20/09/2024, 10.54
LIBANO - ISRAELE
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Beirut, il patriarca Rai: 'Profondo dolore per l'aggressione israeliana'

di Fady Noun

In una nota il cardinale maronita condanna l'uso di apparecchi ricetrasmittenti “per uccidere indistintamente” nell'operazione contro Hezbollah. Il bilancio, tuttora provvisorio, è di 37 morti e 2.931 feriti, alcuni gravi. Il leader del movimento sciita Nasrallah: il fronte nord resterà aperto fino alla fine dell’aggressione a Gaza. 

Beirut (AsiaNews) - È con “profondo dolore” che la Chiesa maronita ha saputo - e vissuto - la doppia aggressione israeliana contro Hezbollah e il suo capitale umano del 17 e 18 settembre scorso, in cui alcuni commentatori non esitano a individuare una sorta di “terrorismo di Stato”. Le esplosioni in contemporanea dei cerca-persona martedì scorso hanno causato almeno 12 morti; il giorno successivo una seconda ondata di deflagrazioni, che stavolta hanno riguardato delle ricetrasmittenti e walkie-talkie, hanno provocato 25 vittime secondo i dati forniti dal ministero libanese della Sanità. Il dato complessivo - ma tuttora provvisorio - sale dunque a 37 morti e almeno 2931 feriti nella due giorni, alcuni dei quali in condizioni gravi. 

In una nota ufficiale diffusa in queste ore il patriarca maronita, il card. Beshara Raï, condanna con fermezza quella che definisce “l’aggressione israeliana” e, in particolare, il fatto di aver usato degli apparecchi ricetrasmittenti “per uccidere indistintamente”. Il porporato ha usato parole di condanna anche per l’aggressione in atto contro il popolo palestinese, ben sapendo che su questo punto la posizione di Bkerké è perfettamente allineata a quella della Santa Sede, favorevole alla soluzione a due Stati e di uno statuto speciale per Gerusalemme.

Ieri vi era molta attesa per il discorso televisivo pronunciato nel pomeriggio dal segretario generale di Hezbollah, caratterizzato da una terrificante doppia “esplosione” provocata dai caccia supersonici dell’aviazione israeliana che hanno sorvolato a bassa quota la capitale libanese durante l’intervento. Tornando alle parole di Hassan Nasrallah, il leader sciita ha riconosciuto il colpo “senza precedenti” sferrato dallo Stato ebraico al movimento; al tempo stesso egli ha promesso a Israele una risposta “terribile”, pur senza delineare o fornire particolare indicazioni sui tempi, i modi e il luogo in cui avverrà. “Al contrario - ha detto - dobbiamo nascondere le nostre intenzioni’. 

Con questo stesso spirito, Nasrallah ha poi annunciato l’apertura di un’indagine interna sulle esplosioni, mostrando in questo modo di essere consapevole di una possibile infiltrazione all’interno delle fila del partito. Una ipotesi avanzata anche da esperti interpellati dal quotidiano israeliano Haaretz e dallo statunitense New York Times, che hanno fornito ulteriori dettagli sulla società di facciata ungherese che avrebbe fabbricato gli ordigni esplosivi.

“Non riuscirete a riportare a casa gli abitanti del nord” ha detto Hassan Nasrallah ai leader dello Stato ebraico. Parole in risposta alla loro decisione di includere tra gli obiettivi della guerra a Gaza il ritorno alle loro case di circa 100mila israeliani sfollati a causa dei combattimenti scoppiati al confine con il Libano. “Il fronte libanese con Israele rimarrà aperto fino alla fine dell’aggressione a Gaza” ha insistito il capo dei Hezbollah, che si è unito alle parole pronunciate dal patriarca maronita nel condannare una aggressione che prende di mira migliaia di persone. Un attacco indiscriminato per le modalità in cui è avvenuto, per mezzo di apparecchi radio fatti esplodere in luoghi pubblici - fra gli altri farmacie, ospedali, negozi e case solo per citarne alcuni - che finiscono per uccidere “in modo indiscriminato” tanto i soldati, quanto i civili.

Interpellato dal quotidiano francofono libanese L’Orient-Le Jour Nadim Houry, direttore del think-tank Arab Reform Initiative, si è detto “sbalordito” dalla “incapacità dell’opinione pubblica occidentale di considerare questi attacchi come terrorismo”. “Come l’uso diffuso degli attacchi con i droni, questo tipo di operazione ci rende tutti più vulnerabili, confondendo il confine tra obiettivi militari e civili. Accetteremmo - si domanda - attacchi così indiscriminati altrove?” Intervenendo ad un programma televisivo nella serata di ieri il generale in pensione Khalil Helou ha affermato che “le regole di ingaggio tra Israele ed Hezbollah sono andate in fumo dopo 11 mesi di conflitto” e che “solo Hezbollah sembra oggi rispettarle, più o meno”. “È Solo grazie al controllo esercitato sinora dagli americani - ha concluso l’esperto militare - che Israele non ha condotto un’operazione su larga scala contro il Libano”.

Umanità ed emotività

A livello umanitario, il duplice attentato ha provocato un eccezionale slancio di solidarietà fra i cittadini libanesi di ogni confessione e appartenenza etnico-religiosa. Nel suo discorso, il segretario generale di Hezbollah ha fatto riferimento a questa ondata di solidarietà: “Sembra che la raccolta di sangue che ha seguito l’aggressione israeliana sia stata ‘la più grande’ nella storia del Libano” ha osservato il leader sciita. Il movimento di solidarietà generalizzato si è concretizzato anche in numerose missioni mediche promosse a livello regionale e che hanno coinvolto anche altre nazioni. In tutto, diverse centinaia di feriti sono stati trasportati in ospedali di Siria, Iraq e Iran.

Nel frattempo, lo stratagemma bellico israeliano ha creato nella popolazione una psicosi diffusa sull’uso dei telefoni cellulari e persino dei computer, alimentata da messaggi anonimi che avvertono la gente di diffidare dell’invio di alcuni testi di dubbia provenienza. “Ero solita mettere il cellulare sul comodino” afferma ad AsiaNews una cittadina di nome Rima. Dopo gli attacchi e le esplosioni di questi giorni, prosegue, “lo metto lontano da me e sul pavimento, nemmeno sul tappeto, per evitare un incendio in caso di esplosione”. E in conformità con una direttiva dell’Autorità libanese per l’aviazione civile, le compagnie aeree hanno vietato ai passeggeri in partenza dall’aeroporto di Beirut di portare con sé cerca-persone e walkie-talkie, sia a bordo dei velivoli che imbarcati fra i bagagli in stiva, fino a nuovo ordine.

Denuncia all’Onu

A livello ufficiale il capo della diplomazia libanese, Abdallah Bou Habib, ha annunciato la presentazione di una nota di protesta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Intanto sul versante politico interno l’attacco e la successiva ondata di solidarietà fra libanesi non ha cancellato il profondo disaccordo tra Hezbollah e gli altri blocchi politici - che rappresentano cristiani e musulmani sunniti - sull’opportunità di aprire un fronte con Israele. In questi ambienti la guerra è considerata “inutile e rischiosa”. Un giudizio legato soprattutto al fatto che la decisione di lanciarla sarebbe presa in modo unilaterale dal partito filo-Teheran e senza alcun consenso nazionale o istituzionale, ma solo in accordo con la dottrina militare iraniana della “unità dei fronti” che comprende anche Iraq e Yemen. Tuttavia, domanda l’ex deputato Farès Souhaid, la leadership di Hezbollah “ha il diritto, come sembra, di sacrificare il Libano per questa unità?”, evidenziando una volta di più la convinzione che Beirut sia ormai “sotto occupazione iraniana”.

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