Barisal, 17 anni fa l’attacco alla chiesa di Baniarchor. Nessuna giustizia per le vittime
La Bangladesh Christian Association ricorda il più sanguinoso attentato contro una chiesa cattolica. Nel giugno 2001 la bomba è esplosa di fronte la chiesa del Santissimo Redentore. Delle 10 vittime, sette erano bambini. Clima di impunità aumenta il rischio di altri crimini contro le minoranze religiose. La solidarietà di musulmani e buddisti.
Dhaka (AsiaNews) – Sono passati 17 anni dal più sanguinoso attentato compiuto contro una chiesa cattolica in Bangladesh, ma le vittime non hanno ancora ottenuto giustizia. Lo denuncia la Bangladesh Christian Association (Bca), che ieri ha organizzato una manifestazione a Dhaka. I cristiani hanno ricordato l’attacco del 3 giugno 2001 contro la chiesa del Santissimo Redentore di Baniarchor, nella diocesi di Barisal, che provocò la morte di 10 fedeli, di cui sette bambini, e il ferimento di altre 50 persone. I presenti lamentano un atteggiamento negligente da parte delle autorità, che dopo anni di indagini non hanno ancora presentato un fascicolo di denuncia. Secondo loro, il motivo è chiaro: “È perché siamo una minoranza”.
Nel 2001 una bomba è esplosa davanti la chiesa mentre era in corso la celebrazione delle messa domenicale. A quel tempo il parroco era p. Domenico Pietanza, un saveriano proveniente dall’Italia. Dopo l’attacco il sacerdote e Peter Boiragi, padre di una delle vittime, hanno sporto denuncia contro ignoti. In seguito le indagini della polizia hanno rivelato che l’attentato era opera dei militanti dell’Harkat-ul-Jihad-al-Islam (HuJI), un gruppo islamico bandito dalle autorità di Dhaka nel 2005. A ideare l’attentato sarebbe stato Shaikh Abdur Rahman, leader del movimento fondamentalista Jamaat-ul-Mujahideen Bangladesh, che ha confessato il suo coinvolgimento. Ma poi la polizia ha arrestato il mufti Abdul Hannan, capo del Huji, e lo ha condannato a morte per numerosi crimini. La sua sentenza capitale è stata eseguita il 12 aprile 2017. Nel corso degli anni le autorità hanno arrestato 29 persone implicate nel caso, senza mai portare a termine le indagini.
Oltre all’organizzazione cristiana, alla manifestazione erano presenti alcuni leader indù, musulmani e buddisti. La protesta si è svolta di fronte al National Press Club della capitale ed è stata l’occasione per ricordare anche l’omicidio di Sunil Gomes, un commerciante cattolico di 71 sgozzato davanti al suo negozio nel villaggio di Bonpara (diocesi di Rajshahi), di ritorno dalla messa domenicale.
P. Jerom D’Rozario afferma: “Il governo va alla ricerca dei cristiani e delle altre minoranze solo durante le elezioni. Vogliono usarci come bacino elettorale, ma quando veniamo perseguitati non otteniamo giustizia”. “Siamo cittadini di questo Paese – sottolinea – e vogliamo sicurezza. Chiediamo al governo di fare presto luce su quanto avvenuto alla chiesa di Baniarchor”.
Nirmal Rozario, presidente della Bca, ribadisce: “Vogliamo che la polizia porti a termine le indagini e produca i capi d’accusa. Questa cultura della mancanza di giustizia nei casi di persecuzione incoraggia i colpevoli a commettere altri crimini”. Dello stesso parere, Nony Mondol, 60 anni, che nell’attentato ha perso l’unico figlio di nome Jhontu. Ad AsiaNews ricorda che il ragazzo “si recava alla messa della domenica senza nemmeno mangiare qualcosa prima. Era molto devoto, ma la bomba ha spazzato via la sua vita innocente”.
Mojid Mollick, leader musulmano, esprime “solidarietà ai fratelli cristiani affinchè sia fatta loro giustizia”. Poi denuncia l’esistenza “di gruppi radicali che tentano di attaccare le minoranze per rendere instabile il Paese”. Per il leader indù Rana Das Gupta, “le minoranze religiose diventano facili bersagli durante le elezioni. Anche il 2001 era periodo di campagna elettorale. I fondamentalisti compiono atti simili per destabilizzare il Paese”. “Per questo chiediamo – conclude – che il governo ci dia protezione”.