Bangladesh, la Corte suprema condanna a morte il capo del Jamaat-e-Islami
Motiur Rahman Nizami è accusato di aver compiuto crimini di guerra, genocidio, stupro e massacro premeditato di intellettuali. All’epoca dei fatti, durante la guerra di liberazione del 1971, era il leader dell’ala studentesca del partito. La sua esecuzione è prevista tra qualche giorno, a meno che il presidente non conceda la grazia. Fonte cattolica: “Obiettivi politici dietro la condanna, ma il criminale non è innocente”. L’abbandono dei vecchi capi da parte della nuova generazione politica.
Dhaka (AsiaNews) – Questa mattina la Corte suprema del Bangladesh ha confermato la condanna a morte di Motiur Rahman Nizami, capo del partito islamico Jamaat-e-Islami. I quattro giudici del tribunale supremo hanno respinto l’appello finale dei legali, che avevano chiesto di ribaltare la sentenza già comminata dalla Corte a gennaio. L’uomo è accusato di crimini di guerra compiuti durante il conflitto di liberazione del 1971. I suoi sostenitori però hanno respinto le accuse e hanno denunciato una sorta di “pulizia politica” attuata dalla premier Sheikh Hasina nei confronti degli oppositori. Una fonte cattolica dice ad AsiaNews: “Di sicuro c’è un motivo politico questa condanna. Ma è certo che Nizami, e altri come lui, non è innocente”.
La sua esecuzione è prevista tra pochi giorni, a meno che il presidente Abdul Hamid decida di concedergli la grazia. All’epoca dei fatti a lui attribuiti, Nizami, che oggi ha 73 anni, era il leader dell’ala studentesca del partito, l’Islami Chhatra Sangha. Nel 2000 ha assunto la guida del movimento islamico più diffuso nel Paese e dal 2001 al 2006 è stato ministro dello Stato sotto il governo di Khaleda Zia.
Dal 2010 è rinchiuso in carcere e nel 2014 il Tribunale criminale internazionale, un organo giudiziario speciale creato dall’attuale premier Sheikh Hasina per punire i criminali di guerra, lo ha condannato a morte. La fonte spiega: “È chiaro che Hasina vuole il consenso della gente, che in maggioranza vede di buon occhio questi processi. L’obiettivo è riacquistare dignità agli occhi della comunità internazionale e affermare il rispetto dei diritti umani in Bangladesh. Quindi da una parte il governo vuole costruire una buona immagine di sé, dall’altra vuole decapitare il partito di opposizione, ben organizzato e violento”.
Gli accusatori ritengono che Nizami sia colpevole di aver creato la milizia pro-Pakistan Al-Badr, che ordinò il massacro di intellettuali, medici e giornalisti durante la guerra di liberazione. I loro corpi furono ritrovati in una palude alla periferia della capitale, con gli occhi bendati e le mani legate. La fonte di AsiaNews conferma le violenze perpetrate da quelli che furono dei “collaborazionisti del Pakistan, che spesso furono più feroci degli stessi soldati”.
La condanna dell’ex ministro giunge in un clima politico già travagliato da una crescente insorgenza di violenze islamiche, testimoniata dall’uccisione di blogger e intellettuali bollati come “atei”. Queste violenze però, sottolinea la fonte, non sono “interpretabili in maniera diretta come ritorsioni da parte del Jamaat-e-Islami. Piuttosto, gli omicidi sono da ricondurre al clima di intolleranza nei confronti di questi pensatori democratici”.
Piuttosto la fonte prospetta l’apertura di nuovi scenari, dopo che la leadership nazionale del Jamaat-e-Islami si sta assottigliando a causa delle sentenze di morte eseguite contro altri capi. “Esperti del campo – afferma – ritengono che la nuova generazione del partito non veda di cattivo occhio l’eliminazione della vecchia guardia, situazione che permetterebbe di riorganizzare il movimento su nuove basi. Sono pronti a prendere le redini, non appena sarà approvata la legge che impone l’obbligo a non avere riferimenti religiosi all’interno dei partiti. Faranno nascere un nuovo partito che non avrà affiliazioni religiose, ma ne porterà le idee, perché questo è il loro background culturale”.
11/05/2016 08:50