12/05/2010, 00.00
THAILANDIA
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Bangkok: il governo isola le “camicie rosse”, che promettono battaglia

A mezzanotte verranno interrotte le forniture di acqua, elettricità e i collegamenti telefonici nel distretto finanziario. I leader della protesta annunciano: “continueremo a combattere”. Il portavoce dell’esercito invita gli abitanti ad abbandonare la zona. Ex leader comunista: le “camicie rosse” usano tattiche della guerriglia maoista.
Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – Dalla mezzanotte di oggi, le autorità thai taglieranno le forniture di acqua, elettricità e i collegamenti telefonici nel distretto finanziario di Bangkok, occupato da sei settimane dalle “camicie rosse”. Il governo intima ai dimostranti di sgomberare l’area e mettere “immediatamente” fine alla protesta. In risposta, i leader dell’opposizione annunciano che “continueremo a combattere”.
 
A Bangkok si avvicina il momento della resa dei conti fra le autorità thai e le “camicie rosse”, i dimostranti antigovernativi vicini all’ex premier in esilio Thaksin Shinawatra. Il colonnello Sansern Kaewkamnerd, portavoce dell’esercito, ha sottolineato che verranno interrotti i servizi pubblici fra cui autobus, ferrovie e battelli. Ai 5mila manifestanti verrà inoltre impedita la fornitura di cibo. “L’esercito è pronto – afferma il militare – ma per il momento non voglio parlare di un giro di vite, perché preferiamo esercitare pressioni”. L’uso della forza non viene però escluso, tanto che il col. Sansern aggiunge: “Abitanti della zona… per favore, andatevene”.
 
Tuttavia i dimostranti arroccati nel cuore economico della capitale non sembrano intenzionati a interrompere la protesta. Jatuporn Prompan, leader delle “camicie rosse” – i manifestanti anti-governativi dello United Front for Democracy against Dictatorship (UDD) – ha urlato alla folla che “continueremo a combattere”. Se le autorità taglieranno le forniture, aggiunge Jatuporn, i dimostranti potrebbero spostarsi verso la residenza del premier Abhisit Vejjajiva ed erigere un nuovo blocco.
 
Il distretto finanziario di Bangkok è ampio quanto l’area di Central Park, a New York, e ospita decine di uffici e condomini, oltre a due ospedali. L’inizio del nuovo anno scolastico cade il 17 maggio prossimo, ma il perdurare dell’occupazione potrebbe costringere alla chiusura forzata almeno 40 scuole della zona. I leader dei manifestanti promettono “proteste a oltranza”, fino a che la polizia non incriminerà il vice-premier Suthep Thaugsuban, presunto responsabile – a detta delle “camicie rosse” – delle violenze del 10 aprile scorso in cui sono morte 25 persone e ci sono stati oltre 900 feriti. Il governo pare invece intenzionato ad aprire un’indagine penale contro nove capi del movimento con l’accusa di terrorismo, per il loro ruolo negli incidenti.
 
La crescente tensione contrasta con desiderio diffuso di pace fra la popolazione. In un fondo pubblicato sul Bangkok Post si ammette che “per molti anni le vicende politiche hanno registrato fasi turbolente”, ma questo non giustifica “la violenza endemica che si è verificata negli ultimi due mesi”, da quando lo United Front for Democracy against Dictatorship (UDD) ha innescato le proteste di piazza. Il principale quotidiano thai sottolinea che “la protesta è andata sin troppo oltre, e per troppo tempo” e i leader delle “camicie rosse” non otterranno alcun vantaggio “prolungando oltre dimostrazioni dannose” per il Paese.
 
Il quotidiano Asia Times analizza le ragioni del “parziale successo” sinora registrato dai manifestanti antigovernativi, dovuto “alle tattiche di guerriglia e al pensiero rivoluzionario maoista”. Therdpoum Chaidee, ex leader comunista vicino a figure chiave che guidano la protesta, afferma che “la strategia dell’UDD richiede necessariamente la violenza o, almeno, la minaccia di violenze, per dividere e bloccare il governo Abhisit”. Egli aggiunge che “la rivoluzione viaggia su due gambe, una politica e l’altra armata. E la violenza è un ingrediente essenziale” anche se i manifestanti sono riusciti a trasmettere l’immagine di “movimento democratico e non-violento” agli occhi dell’opinione pubblica internazionale.
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