Ban Ki-moon: elezioni, una farsa senza il rilascio di Aung San Suu Kyi
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Le elezioni generali del prossimo 7 novembre in Myanmar non saranno “credibili” senza il rilascio dei prigionieri politici, tra cui la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi. È quanto afferma Ban ki-moon, segretario generale Onu, al termine di un incontro tenutosi due giorni fa a New York fra i membri del cosiddetto “Gruppo di amici del Myanmar”. Egli ha aggiunto che il gruppo invoca una “maggiore presenza” al voto, mediante un processo che sia “partecipativo e trasparente”. In Myanmar, intanto, continuano gli episodi di insubordinazione fra i soldati, che rifiutano di eseguire i compiti assegnati per protesta contro la scarsità di cibo e il mancato pagamento degli stipendi.
Il voto del 7 novembre è parte del “cammino verso la democrazia” sbandierato dal regime militare birmano, nel tentativo di legittimarsi agli occhi della comunità internazionale. Oppositori interni e esperti internazionali ribattono che si tratta di elezioni “farsa”, sfruttate dalla giunta per mantenere il potere e annullare la minoranza che si batte per una vera democrazia. Il segretario generale Onu e i ministri dei Paesi “amici del Myanmar” – al termine di un vertice a porte chiuse – hanno ribadito la necessità di un cammino elettorale contraddistinto da “maggiore partecipazione, trasparenza e rappresentanza”. “Questo è essenziale – ha aggiunto Ban Ki-moon – perché le elezioni siano credibili e diventino un contributo per la stabilità e lo sviluppo del Myanmar”.
Il “Gruppo amici del Myanmar” è formato da Australia, Regno Unito, Cina, Francia, India, Indonesia, Giappone, Norvegia, Singapore, Corea del Sud, Thailandia, Stati Uniti, Vietnam e Unione Europea. Alla riunione – tenuta a margine dell’Assemblea generale Onu – non hanno partecipato esponenti del Myanmar, il cui governo non ha voluto rispondere alle osservazioni di Ban Ki-moon. Tuttavia, il 26 settembre scorso il segretario generale Onu ha incontrato U Nyan Win, ministro birmano degli Esteri, nel quartier generale delle Nazioni Unite a New York. Nei giorni scorsi fonti della giunta hanno affermato che Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione democratica, potrà votare ma non le sarà concesso di lasciare la casa dove è detenuta; la Nobel per la pace sta scontando una condanna a 18 mesi di arresti domiciliari, i cui termini dovrebbero scadere poco dopo le elezioni.
Intanto in Myanmar si moltiplicano gli episodi insubordinazione fra i soldati dell’esercito. I militari rifiutano di eseguire i compiti quotidiani che vengono loro assegnati, per protesta contro il mancato pagamento di stipendi e le razioni di cibo scarse. Da una serie di interviste raccolte dalla Bbc emerge che da settimane i soldati non ricevono le razioni, gli ufficiali hanno bloccato il pagamento dei compensi e l’accesso al denaro risparmiato, conservato in una banca.