02/10/2021, 08.30
IRAQ
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Baghdad verso il voto: i partiti in campo (INFOGRAFICA)

Grande favorito alle elezioni parlamentari del 10 ottobre il movimento sciita guidato da Moqtada al-Sadr. La sfida dei gruppi allineati all’Iran e l’incognita delle fazioni sunnite, in passato ostili alle urne. Curdi ago della bilancia, la debolezza delle minoranze (anche cristiana). Anche la massima autorità sciita, l’ayatollah al-Sistani, lancia un appello al voto.

Baghdad (AsiaNews) - Il 10 ottobre in Iraq sono in programma le elezioni politiche, quinto voto per rinnovare il Parlamento mono-camerale dall’invasione statunitense del 2003 che ha portato alla caduta del raìs Saddam Hussein e generato un complesso sistema multipartitico. Gruppi uniti dalla comune appartenenza etnica e confessionale, che sinora non sono però riusciti a garantire una guida stabile al Paese, scongiurare derive violente e accuse diffuse di corruzione. Il voto era previsto in origine nel 2022, ma le proteste dell’autunno 2019 - che hanno portato alla caduta dell’esecutivo guidato da Adel Abdul Mahd, sostituto da Mustafa al Kadhimi che non intende candidarsi - hanno spinto i vertici istituzionali ad anticipare di un anno. 

Alle urne sono chiamati circa 25 milioni di aventi diritto, che dovranno scegliere i 329 deputati su 3200 candidati sparsi in 83 collegi elettorali. Il 25% dei seggi è riservato alle donne. La futura Camera dei rappresentati dovrà, fra i primi atti, scegliere il presidente e il primo ministro, al quale verrà poi affidato il compito di formare la compagine di governo. La vittoria dovrebbe andare ai movimenti sciiti che sinora hanno mantenuto il potere, sebbene all’interno presentino profonde divisioni e risultino spesso in contrasto per la leadership. 

Nei giorni scorsi, seguendo il patriarca caldeo, anche la massima autorità sciita, il grande ayatollah Ali al-Sistani ha lanciato un appello contro l’astensionismo, invitando a votare in maniera “consapevole e responsabile” per un “vero cambiamento”. Anche se il processo presenta carenze e storture, ha proseguito, resta “il modo migliore” per muovere il Paese verso un futuro ”migliore”.
Di seguito i principali gruppi in lizza per la conquista dei seggi parlamentari: 

Il movimento Sadrista 
Organizzazione politica legata al leader radicale sciita Muqtada al-Sadr, dovrebbe risultare il blocco più numeroso all’interno del Parlamento. Nel 2018 l’alleanza Saeroon, guidata dai sadristi, ha conquistato 54 seggi consentendo al suo leader di esercitare grande influenza sulla formazione del governo. Il predominio alla Camera è diventato anche mezzo per estendere il controllo su gran parte del Paese. Di impronta nazionalista, vuole distinguersi dalle fazioni legate a Teheran. 

Gruppi allineati all’Iran
Guidati da comandati che vantano stretti rapporti con l’Iran, i gruppi più importanti sono uniti nella cosiddetta Fatah Alliance, il cui leader è il capo paramilitare Hadi al-Amiri. Nel 2018 il suo blocco è stato il secondo più votato con 48 seggi. Include l’ala politica di Asaib Ahl al-Haq, dichiarata organizzazione terrorista dagli Stati Uniti. I suoi componenti hanno giocato un ruolo di primo piano nella sconfitta militare dello Stato islamico (SI, ex Isis). 

Alleanze sciite - Altro
Esponenti riconducibili all’ex premier Haider al-Abadi (42 seggi nel 2018) e al movimento Hikma del leader sciita Ammar al-Hakim (19 seggi) hanno unito le forze per fondare il National State Forces Alliance. L’ex primo ministro Nuri al-Maliki, alla guida di Dawa, fra i più antichi partiti dell’Iraq, oggi è al vertice della coalizione State of Law (25 seggi nel 2018), ma considerato fra i responsabili per la corruzione diffusa e la linea dura con i sunniti che ha favorito l’ascesa dell’Isis. 

Partiti sunniti
Il leader sunnita e presidente del Parlamento Mohammed al-Halbousi guida l’alleanza Taqaddum (progresso), che unisce diversi capi delle aree a nord e ovest del Paese, a maggioranza sunnita. Il rivale principale è Khamis al-Khanjar, un tycoon che ha unito le forze all’alleanza sciita filo-iraniana Fatah per formare la coalizione Azm. Il bacino di voti proviene da gruppi tribali e clan lealisti, ma la loro rilevanza è minata da divisioni interne. Fin dalla caduta di Saddam vi sono elementi sunniti (fra ex sostenitori del dittatore ed estremisti islamici) che si battono per disincentivare, se non boicottare, le elezioni. 

Curdi
Il Kurdistan iracheno gode di una autonomia di fatto dal 1991, confermata nel 2005 dalla Costituzione, ma i suoi partiti sono presenti alle elezioni e spesso diventano ago della bilancia. I due principali gruppi curdi sono il Partito democratico del Kurdistan (Kdp), che governa nella capitale Erbil, e il partito dell’Unione patriottica del Kurdistan (Puk), che domina le aree lungo il confine iraniano e ha sede a Sulaimaniya. Il KDP ha vinto 25 seggi nel 2018 e il PUK 18.

Attivisti 
Le proteste dell’ottobre 2019 hanno spinto alle dimissioni il precedente il governo, ma da allora poco è cambiato. Una parte dei manifestanti invoca il boicottaggio, altri hanno fondato propri movimenti o coalizioni moderato. Fra questi Imtidad è uno dei pochi a scendere in campo presentando propri candidati fra cui il farmacologo Alaa al-Rikabi, originario di Nassiriya. 

Cristiani
La legge riserva nove seggi alle minoranze, cinque dei quali per i cristiani. Il principale ostacolo è legato alla scarsa rappresentatività. Inoltre, con l’attuale sistema elettorale vi è il rischio che partiti non cristiani “dirottino” voti e seggi che dovrebbero essere riservati a esponenti della minoranza. 

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