Aung San Suu Kyi contrattacca: la falla nella sicurezza è da imputare alla polizia
La “Signora”, sotto processo per aver violato i termini dei domiciliari, denuncia il mancato controllo da parte delle forze dell’ordine. La premio Nobel ricorda un analogo tentativo di contattarla, nel novembre 2008, e spiega di non aver ricevuto dalla giunta militare l’ordine di riferire di eventuali intrusioni.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Aung San Suu Kyi respinge le accuse e passa al contrattacco. All’ottavo giorno del processo intentato dalla giunta birmana per aver violato i termini degli arresti domiciliari, la leader dell’opposizione sottolinea che l’intrusione del cittadino americano nella sua abitazione è da “imputare alla polizia”, responsabile di una “falla nel sistema di sicurezza”.
In un comunicato diffuso dalla Lega nazionale per la democrazia (Nld) e firmato dalla Nobel per la pace, la “Signora” puntualizza: “Anche se la causa principale della situazione che si è venuta a creare [l’ingresso e la permanenza per due notti di John Yettaw nella sua casa, ndr] è una mancanza, o una falla nella sistema di sicurezza, non è stato preso alcun provvedimento nei confronti dei responsabili”. “Sono l’unica sotto processo – aggiunge – e questo è ingiusto”.
Aung San Suu Kyi ricorda il primo tentativo di intrusione di Yettaw – 53enne americano con probabili problemi psichici – del novembre scorso e sottolinea di averne data “tempestiva comunicazione” alle autorità; ma la denuncia è caduta nel vuoto e “le autorità non hanno condotto alcuna indagine sulla vicenda”. La “Signora” conclude precisando di non aver ricevuto “nessuna indicazione [dalla giunta militare] circa l’obbligo di denunziare l’episodio nel caso in cui si fosse ripetuto”. Alla base della mancata denuncia vi sarebbe anche la precisa volontà di “non danneggiare Yettaw e le forze di sicurezza” preposte alla sua sorveglianza e l’obbligo di “fornire ospitalità” per ragioni umanitarie a una persona in difficoltà.
Oggi cade il 19mo anniversario delle ultime elezioni politiche tenute in Myanmar, vinte con una larghissima maggioranza dalla Nld guidata da Aung San Suu Kyi e mai riconosciute dalla giunta militare. Il partito di opposizione ha pubblicato un comunicato in cui chiede al governo di: rilasciare incondizionatamente tutti i prigionieri politici, inclusi i leader di partito Aung San Suu Kyi e Tin Oo; fissare le condizioni per un dialogo politico; autorizzare la riapertura degli uffici della Nld in tutto il Paese; consentire una campagna elettorale libera in vista delle elezioni del 2010; accettare la registrazione dei partiti politici, messi al bando nel 1990.
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