Aung San Suu Kyi annuncia un suo discorso sui Rohingya il 19 settembre
La Signora “parlerà per la riconciliazione nazionale e la pace”. Sarà il suo primo intervento pubblico dall’inizio delle violenze. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito ieri. La leader birmana criticata per carenza di leadership morale e compassione. L’esercito interessato al fallimento del processo democratico.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – La leader del Myanmar Aung San Suu Kyi affronterà la crisi che investe i Rohingya e lo Stato di Rakhine la prossima settimana, nel suo primo discorso pubblico dall’inizio delle violenze, lo scorso 25 agosto.
In una conferenza stampa, il portavoce del governo Zaw Htay ha dichiarato ieri che il 19 settembre prossimo la Signora “parlerà per la riconciliazione nazionale e la pace” in un messaggio televisivo.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si è riunito ieri per discutere della crisi dei rifugiati in una riunione a porte chiuse, con la Cina pronta ad impedire qualsiasi censura contro lo strategico alleato Myanmar. Aung San Suu Kyi non parteciperà alla alla prossima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in programma a New York il prossimo 20 settembre.
Le violenze in Rakhine hanno provocato una grave crisi umanitaria suscitando forti pressioni su Aung San Suu Kyi per la condanna della campagna militare dell'esercito, che l'Onu ha dichiarato avere tutti i tratti distintivi della “pulizia etnica”.
I Paesi islamici e diverse potenze occidentali hanno criticato la Signora per carenza di leadership morale e compassione. Nelle rare dichiarazioni rilasciate finora, la leader birmana ha fatto riferimento ad un “enorme iceberg di disinformazione” e negato che sia in atto una “pulizia etnica” contro i Rohingya.
La Signora, prima leader civile del Myanmar in decenni, non ha tuttavia alcun controllo sulle potenti forze militari, che hanno governato il Paese per 50 anni. Solo nel 2015 si sono tenute le prime elezioni libere. I sostenitori affermano che Aung San Su Kyi abbia le mani legate dall’esercito, che è ancora in controllo di gran parte degli apparati governativi e di tutte le questioni legate alla sicurezza.
Analisti affermano che le tensioni etniche nel nord del Paese sono alimentate dalle forze armate, che intendono ribadire di volta in volta il proprio potere e minare il processo di riconciliazione nazionale intrapreso dalla leader democratica.