19/01/2019, 08.51
IRAN - STATI UNITI - UE
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Attivisti, docenti, ebrei, cristiani e musulmani contro Trump: no guerra all’Iran

Un fronte trasversale invita i governi europei a non partecipare alla Conferenza di Varsavia di febbraio, voluta da Washington. Un appuntamento per tracciare le linee guida di un “conflitto non necessario” con Teheran. Al suo posto un grande “incontro di pace” sul Medio oriente aperto a tutti. La petizione online.

Teheran (AsiaNews) - Intellettuali, attivisti, politici e leader religiosi - cristiani, musulmani, ebrei - di tutto il mondo lanciano una sfida agli Stati Uniti e all’amministrazione Trump, che ha adottato fin dall’inizio del mandato la linea dura contro Teheran sul nucleare. In risposta alla conferenza sul Medio oriente in programma a Varsavia (Polonia) il 13 e 14 febbraio, voluta con forza da Washington per alimentare la macchina da guerra verso l’Iran, essi rilanciano proponendo un “incontro di pace” sul Medio oriente aperto a tutti. 

Secondo gli attivisti, che hanno lanciato una campagna di raccolta firme in rete (clicca qui per aderire) lo scopo non dichiarato dell’incontro sponsorizzato dagli Stati Uniti è quello di “preparare il terreno” per un “conflitto non necessario” con la Repubblica islamica. Contro le politiche di guerra volute dalla Casa Bianca, essi auspicano una pressione diplomatica dei governi mondiali perché Washington riapra il discorso sull’atomica iraniana e allenti le sanzioni. 

Nel maggio 2018 Donald Trump ha ordinato il ritiro dall’accordo nucleare (Jcpoa) voluto dal predecessore, introducendo le più dure sanzioni della storia contro Teheran. Una decisione che ha provocato un significativo calo nell’economia iraniana - confermato da studi Fmi - e un crollo nel petrolio, obiettivo della seconda parte delle sanzioni in vigore dal 4 novembre.

Nella campagna in rete i promotori si rivolgono ai governi europei, chiedendo loro di boicottare la “conferenza di guerra” voluta dal segretario di Stato Usa Mike Pompeo a Varsavia il mese prossimo. Il capo della diplomazia americana ha annunciato di recente una operazione congiunta fra Polonia e Stati Uniti, che terranno un incontro a livello di ministeri. 

Servono alternative di pace, avvertono attivisti, intellettuali e leader religiosi, anche e soprattutto per rilanciare l’economia iraniana e allentare le sanzioni che finiscono per colpire la popolazione. Fonti di AsiaNews in Iran confermano infatti che la situazione è “grave” e molti non possono curarsi “per la mancanza di denaro e di medicine”. Un tema che è stato anche al centro del recente incontro fra il card Louis Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, e del ministro iraniano degli Esteri Mohammad Javad Zarif, artefice dell’accordo nucleare sconfessato da Trump. 

Secondo le intenzioni di Pompeo, il summit polacco dovrebbe riunire 70 rappresentanti di nazioni di Asia, Africa, Europa, Oceania e Medio oriente. Fra gli obiettivi primari in agenda assicurarsi che Teheran non sia più “una forza destabilizzante”. In realtà, secondo gli attivisti sono proprio le politiche statunitensi, dalla cancellazione dell’accordo nucleare in avanti, a creare maggiore insicurezza e ad alimentare i venti di guerra nella regione. 

Fra i firmatari dell’appello vi sono Jamal Adbi, preside te del National Iranian American Council, il professor Foad Izadi dell’università di Teheran, Gerry Condon, presidente di Veterans for Peace ed Elaine Scarry, docente ad Harvard. E ancora, Scotty Bruer direttore esecutivo di Peace Now, p. Geroge Makhlouf del Palestinian Christians Acting for Peace, Isam Suleiman del Palestinian Christians Acting for Peace e l’ebreo Seth Morrison del Jewish Voice for Peace. Fra le personalità ebraiche vi è anche Rebecca Vilkomerson, di Jewish Voice for Peace, il musulmano Hassan El-Tayyab, co-direttore di Foreign Policy, diversi membri del Parlamento scozzese, il giapponese Junko Abe di Nuclear Free Ehime e la filippina Corazon Valdez-Fabros, vice-presidente dell’International Peace Bureau.

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