Attentato a Istanbul: le autorità turche arrestano oltre 100 membri del partito filo-curdo
Fra le persone fermate i capi del partito di opposizione filo-curdo Hdp di Istanbul e Ankara. Nell’attacco rivendicato dal Tak, fazione scissionista del Pkk, sono morte 38 persone, di cui 30 poliziotti. Dietro l’attentato le operazioni militari turche nel sud-est del Paese, area a maggioranza curda. La condanna di Onu, Nato e Ue.
Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - Le autorità turche hanno arrestato più di 100 persone appartenenti al principale partito filo-curdo del Paese, in risposta al doppio attentato del 10 dicembre scorso in cui sono morte 38 persone. È quanto riferisce l’agenzia filo-governativa Anadolu, secondo cui fra le persone fermate vi sono rappresentati del Partito Democratico dei Popoli (Hdp) provenienti da tutta la Turchia. Fra questi il capo della sezione di Istanbul dell’Hdp, Aysel Guzel, e l’omologo di Ankara Ibrahim Binici.
Gli arresti a tappeto operati in queste ore sono una prima, durissima risposta del governo e della magistratura turca contro i curdi in seguito all’attacco avvenuto due sere fa nel cuore di Istanbul. Nella "caccia contro i curdi" non si fa differenza fra gruppi terroristi e pacifici cittadini.
Il gesto, rivendicato dai Falconi della libertà del Kurdistan (Tak), fazione scissionista del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk, al bando in Turchia) ha ucciso 38 persone fra cui 30 poliziotti, obiettivo dell’attacco e ferito oltre 150 persone.
In una dichiarazione ufficiale i leader del Tak affermano che due militanti sono deceduti nell’attentato, ma non chiariscono se entrambi fossero kamikaze. Il gesto sarebbe una protesta contro le operazioni militari di Ankara nelle aree del Paese a maggioranza curda, nel sud-est, e la carcerazione del leader del Pkk Abdulalh Ocalan, da anni in galera.
Secondo quanto riferiscono gli inquirenti, la prima esplosione è avvenuta attorno alle 22.30 al passaggio di un autobus che trasportava poliziotti in assetto anti-sommossa, preposti alla sicurezza nei pressi della Vodafone Arena. Nello stadio si era da poco conclusa la partita fra i padroni di casa del Besiktas (per tradizione contrari all’establishment e in prima fila nelle proteste contro Erdogan, allora premier, nel 2013) e i rivali del Bursaspor.
Qualche minuto più tardi un attentatore suicida si sarebbe fatto esplodere nel vicino parco di Macka.
Le autorità turche hanno osservato ieri una giornata di lutto nazionale e ha celebrato i primi funerali delle vittime. Migliaia di persone si sono radunate nei pressi dello stadio per manifestare contro l’attentato, sul quale Ankara ha imposto una censura, impedendo ai media e ai social network di diffondere o rilanciare le immagini.
Il presidente Recep Tayyip Erdogan, che ieri ha presieduto una riunione del consiglio di sicurezza, definisce l’attentato “la manifestazione più odiosa del terrorismo”. Gli attentatori hanno colpito fra la celebre piazza Taksim (cuore della rivolta nel 2013) e l’antico palazzo di Dolmabahçe, nella zona europea della megalopoli. Le esplosioni, ha aggiunto, “avevano come obiettivo di causare il più alto numero di vittime”. Durante i funerali di uno dei poliziotti uccisi il ministro degli Interni Suleyman Soylu ha definito i membri del Pkk “animali” e “pedine” dei Paesi occidentali.
Il movimento curdo Tak ha già colpito in tre occasioni quest’anno: due volte ad Ankara (il 17 febbraio, 28 i morti) e il 13 marzo (34 le vittime) e una volta a Istanbul, il 7 giugno (11 i morti). Nelle prime ore dell’attacco le autorità curde avevano accusato il Pkk, protagonista da oltre 30 anni di una sanguinosa lotta separatista. Numerosi i messaggi di cordoglio e solidarietà da parte della comunità internazionale, fra cui i vertici delle Nazioni Unite dell’Alleanza Atlantica (Nato). Condanna anche dai vertici dell'Unione europea - che hanno frenato sull’ingresso di Ankara nell’Ue a causa della deriva autoritaria lanciata da Erdogan in risposta al (fallito) di colpo di Stato in Turchia del luglio scorso. Bruxelles rilancia l'impegno a lavorare “in modo stretto” con la Turchia nella lotta contro il terrorismo.
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