Assam, l’aiuto della Chiesa ai contadini vittime di usura ed odio etnico
di Nirmala Carvalho
Il p. Tom Mangattuthazhe, che coordina il Forum dei cristiani uniti, racconta ad AsiaNews il dramma delle popolazioni contadine dell’Assam, schiacciate da violenze etniche, siccità ed usura, e l’impegno della Chiesa per migliorare la loro situazione.
Dispur (AsiaNews) - Karbi Anglong è una di quelle terre che ha visto scatenarsi per molti anni la violenza fra le etnie, che ha provocato odio e distruzione. Eppure, anche la natura ha deciso di abbattere la sua furia su di essa: una spaventosa siccità ha colpito i villaggi di uno dei territori più poveri dello Stato orientale dell’Assam, ed ora i suoi abitanti rischiano di morire per fame, mentre lottano contro la spirale dell’usura.
La posizione delle terre, estremamente remota e quasi inaccessibile, peggiora la situazione: per arrivare ad alcuni degli insediamenti, bisogna camminare per quasi 16 chilometri dalla fine delle strade percorribili.
Buona parte degli abitanti è arrivata qui nel 1962 dagli Stati confinanti del Manipur e del Nagaland: sono circa 2.600, che si dividono due negozi (in cui si vende riso e zucchero) ed un’unica scuola, composta da una stanza, in cui lavora un’unica insegnante.
Il cibo è visto come un lusso, e la vita passa alla disperata ricerca di denaro con cui poter migliorare le proprie condizioni. Coltivare la terra è pesante, e molti degli abitanti non riescono a garantirsi il minimo previsto per la sopravvivenza. La siccità di quest’anno ha peggiorato le cose: quasi nessun abitante può mantenersi con il proprio lavoro.
Qui entrano in scena gli approfittatori: prestatori di denaro a tassi altissimi e signori della terra che “concedono” a condizioni ignobili terreno in più da coltivare. Per gli abitanti non c’è scelta, ma entrare in questa spirale costa loro molto spesso la vita. Infatti, spesso chi non riesce a pagare i debiti preferisce il suicidio.
Un sacerdote locale, p. Tom Mangattuthazhe, definisce la situazione “drammatica” e, ad AsiaNews, racconta: “I contadini di qui hanno lavorato i campi ogni giorno, da mattina a sera, per 10 mesi. Senza pioggia, però, il loro lavoro è stato del tutto inutile ed ora si trovano nella morsa dell’usura”.
Il padre, che coordina il Forum dei cristiani uniti, aggiunge: “Hanno bisogno di un aiuto concreto e mirato, subito. Noi abbiamo scelto i villaggi più colpiti, quelli in cui vivono le etnie emarginate, ma anche il resto della popolazione versa in condizioni pessime. Non bisogna dimenticare che sono reduci da conflitti etnici e da calamità naturali”.
Il gruppo di soccorso cristiano, continua il p. Mangattuthazhe, ha da poco intrapreso un giro dei villaggi, dove ha incontrato le vittime di questa situazione: “Come possiamo consolarli, quando conosciamo così bene la situazione in cui versano? A volte, le mie parole suonano leggere ed inutili persino alle mie stesse orecchie, eppure bisogna continuare e portare speranza”.
I contadini hanno cercato più volte di chiedere aiuto al governo ed alle organizzazioni private, ma “nessuno è mai venuto fin qui per ascoltarli, perché è un insediamento troppo remoto e scomodo da raggiungere”.
“Sarò contento – conclude il sacerdote – se alla fine di tutto questo sarò riuscito a dare un chilo di riso ad ogni abitante. I media ed i politici hanno iniziato solo ora a guardare a questa tragedia, mentre noi cerchiamo una soluzione da tempo. Sarò grato al Signore per tutto quello che riusciranno ad ottenere”.
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