Assad: pronti al dialogo con Obama, ma “senza condizioni”
Il presidente siriano parla di segnali positivi provenienti dalla nuova amministrazione americana e rivela che funzionari vicini al nuovo presidente sono già stati a Damasco. Restano congelati i colloqui con Israele.
Beirut (AsiaNews) – La Siria è pronta ad aprire il dialogo con la nuova amministrazione statunitense di Obama, ma “senza condizioni”, mentre mantiene “congelati” i colloqui indiretti con Israele. A dirlo è stato il presidente siriano Bashar Assad, in un’intervista a al-Manar, la televisione libanese di Hezbollah.
“Noi – ha detto tra l’altro – abbiamo segnali positivi dalla nuova amministrazione” sull’Iraq e la crisi arabo-israeliana, “ma abbiamo imparato ad essere cauti ed a non contare su tali segni finché non diventano qualcosa di concreto”. Assad ha anche rivelato che funzionari vicini all’amministrazione Obama sono stati mandati a Damasco già settimane prima dell’insediamento del nuovo presidente, come preludio al dialogo. Ma “se ci sono condizioni, non ci sarà dialogo. Loro lo sanno”.
Attualmente non c’è a Damasco un ambasciatore degli Stati Uniti, ritirato quattro anni fa dall’amministrazione Bush per l’aiuto siriano ai terroristi iracheni e per le interferenze siriane in Libano.
Quanto ai colloqui indiretti che erano in corso con Israele con la mediazione turca e che la Siria ha sospeso all’inizio dell’attacco israeliano a Gaza, Assad ha sostenuto che non ci sono prospettive per una loro immediata ripresa ed ha ribadito che il completo ritiro degli israeliani dalle Alture del Golan, occupate durente la guerra del 1967 è una condizione assoluta. “Non abbandoneremo mai questo”, ha detto.
Più ottimista sui rapporti con la Siria, è apparso, ieri, il primo ministro uscente israeliano Ehud Olmert. “Alla fine – ha dichiarato – riusciremo a trovare un accordo che porrà fine al conflitto tra noi e i siriani” (tra i due Paesi non c’è un trattato di pace). “Loro – ha aggiunto – hanno un mucchio di aspirazioni, di desideri, a volte del tutto irrealistici, ma sanno anche che è meglio fare la pace che la guerra con Israele”.
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