Asian Mission Congress: trasformare le culture dell'Asia con la fede quotidiana
Il terzo giorno del Congresso: l'impatto della fede con la cultura, l'economia, i problemi sociali. Ma l'attenzione è a stasera, per la celebrazione della "diversità delle culture" con canti e danze da ogni nazione.
Chiang Mai (AsiaNews) - Il terzo giorno del Congresso missionario asiatico a Chiang Mai affronta il tema della "Storia di Gesù nelle culture dell'Asia". Chi si aspettava un trattazione dimostrativa di come le culture del continente sono trasformate dall'impatto con la fede cristiana, sarà rimasto deluso: la giornata ha offerto solo piccoli spunti ed esempi, sottolineando soprattutto le aree sociali (globalizzate) in cui la mentalità cristiana va giocata in Asia: l'economia, le migrazioni, i giovani, le coppie miste (con partner non cattolico).
I balbettii con cui questo tema è stato trattato mostra ancora l'esistenza di un complesso di inferiorità dei cattolici che spesso vengono indicati come seguaci di una religione occidentale. Nell'Amc si sente ancora qua e là la critica ai missionari esteri giunti con i colonialisti, anche se si esprime la gratitudine per aver ricevuto la fede.
D'altra parte, le culture dell'Asia non sono ormai estranee al cristianesimo. L'esempio dell'amore ai poveri e ai lebbrosi da parte di missionari e suore ha portato già da diversi secoli indù e buddisti a preoccuparsi dei problemi sociali del loro popolo, vincendo la loro attitudine al distacco dalla terra e dai problemi. Nella mattinata il sacerdote vietnamita mons. Pietro Tai (che lavora attualmente al programma vietnamita di Radio Veritas a Manila), ha mostrato come da secoli la fede cristiana ha influenzato l'architettura delle chiese, le lettere, la scultura e soprattutto l'attenzione verso gli altri in Vietnam. Con foto, racconti e canti e danze un gruppo di cattolici vietnamiti in costume tradizionale ha mimato il pellegrinaggio al santuario nazionale di Nostra Signora di La Vang - edificato fin dal 1798 dove la statua della Madonna veste lo stesso costume indossato dai danzatori. Il p. Tai ha anche ricordato come nell'800 la cattedrale di Phat Diem ha usato simboli buddisti trasformati in simboli cristiani. Così in un bassorilievo della chiesa si mostra il loto simbolo buddista della purezza, del distacco e della vita che sorge dal fango segnato con una croce, vero simbolo cristiano di purezza e vita nuova.
Molto toccante è stata la testimonianza di un ricco businessman thailandese, Paul Mary Suvij. Egli ha raccontato del modo in cui, nel fallimento della sua azienda, ha cercato di salvare i posti di lavoro dei suoi impiegati, facendo vincere fede e dottrina sociale della Chiesa su consumismo e profitto. Paul M. Suvij appartiene a un gruppo di businessmen cattolici (Catholic business executive group), che aiutano anche imprenditori buddisti a salvaguardare i valori spirituali dentro l'economia.
Maruja Ausis, filippina, ha invece mostrato un altro campo di evangelizzazione, quello della povertà che spinge ad emigrare. La Ausis è responsabile di un'organizzazione (Exodus) che prepara persone per la pastorale dei migranti. È noto ormai come le migrazioni dei filippini siano divenute una grande occasione di missione in altri paesi asiatici, come l'Arabia saudita o altri paesi del Golfo. Altre testimonianze: quella di un insegnante a contatto quotidiano con i giovani a Singapore; quella di una coppia di sposi indonesiani, che hanno messo a fuoco i problemi vissuti dalle coppie miste, dove la parte cattolica spesso rischia di dimenticarsi della fede.
L'attenzione di tutti i delegati è però rivolta a questa sera: per celebrare la diversità di culture dell'Asia, ogni gruppo sta preparando canti e danze in costumi tradizionali.
Perché questa espressività non divenga una specie di narcisismo etnico, stamane alla messa, il card. Ricardo Vidal, arcivescovo di Cebu (Filippine) ha ricordato che occorre testimoniare con il dono della vita l'amore di Gesù che è "senza confini", né geografici, né etnici.