Asia del Sud, attivisti per i diritti umani chiedono la liberazione di Asia Bibi
Una conferenza a Lahore ha riunito gli esponenti democratici di India, Pakistan e Sri Lanka. La madre cristiana, in carcere dal 2009 per accuse di blasfemia, potrebbe essere rilasciata presto. I giudici temono l’estremismo religioso: “Solo coraggio e morale possono sconfiggere l’intolleranza”.
Lahore (AsiaNews) – Gli attivisti per i diritti umani di diverse nazioni asiatiche chiedono il rilascio di Asia Bibi e la fine dell’intolleranza religiosa in Pakistan. L’appello è stato lanciato durante la prima conferenza dedicata alla memoria di Asma Jahangir, grande pioniera dei diritti umani nel Paese deceduta lo scorso febbraio. Intitolato “Giustizia, chiave per l’emancipazione”, l’evento ha riunito personalità da Pakistan, India e Sri Lanka.
Farooq Salheria, docente presso l’Università Beaconhouse di Lahore, spiega: “Appare oramai ovvio che l’accusa non è riuscita a provare le accuse di blasfemia mosse contro Asia Bibi. E l’ultima udienza di questo processo, iniziato nel 2009, fa ben sperare per un rilascio. Ma allo stesso tempo i fatti dimostrano che i giudici hanno paura delle reazioni del mondo islamista”.
Khadim Hussain Rizvi, leader del movimento estremista musulmano Tehrik-e-Labaik, ha promesso infatti una “fine orribile” ai giudici che oseranno liberare la Bibi: “L’uso della religione per dividere la popolazione – sottolinea ancora Salheria – ha radici profonde nella nostra società. Il partito TLP, sostenuto da questi radicali, ha presentato il maggior numero di candidati alle elezioni generali di luglio e ora usano la forza per imporre il loro volere”.
In teoria, il verdetto sulla liberazione della donna cristiana è stato emesso lo scorso 8 ottobre. Tuttavia esso è “riservato”, e i giudici hanno imposto ai giornalisti di non parlarne per timore di scatenare rivolte in tutto il Pakistan. La famiglia della carcerata ha sottolineato che sarà “molto difficile per lei, in caso di liberazione, rimanere in Pakistan”. Eppure, una petizione all’Alta Corte di Islamabad chiede che le venga impedito di lasciare il Paese.
Nimalka Fernando, nota attivista dello Sri Lanka, ritiene che “soltanto il coraggio e la morale possano sfidare i gruppi religiosi fondamentalisti. La religione non può divenire causa di violenza, perché in questo modo la si distrugge. L’Asia meridionale è piena di casi in cui l’interpretazione legale di un credo religiosa diventa materia di vita o di morte, per donne e bambini. Questo è sbagliato”.
Per Kamla Bhasin, femminista dell’India, l’intolleranza religiosa è legata a doppio filo con la politica: “La situazione in una nazione ha influenza sulla nazione confinante. Io credo che oggi le cose in India vadano peggio che mai. Continuiamo a chiedere al nostro governo di mantenere un atteggiamento laico nelle sue funzioni pubbliche, ma la violenza continua a scoppiare. Una soluzione può essere quella di insistere sui diritti costituzionali. Ma anche film, canzoni e poesie possono aiutare”.