Ashgabat vuole abolire il welfare state, unico rimedio alla povertà endemica del Paese
Ashgabat (AsiaNews) – La repubblica centro asiatica del Turmenistan sta pensando di abbandonare il sistema socio-economico (in vigore da più di 20 anni) che il governo ha usato per placare la popolazione. Il 10 settembre diversi membri del Consiglio degli anziani, un organo consultivo di governo, hanno espresso l’idea che è giunta l’ora per i consumatori del Turkmenistan di pagare il prezzo di mercato per l’elettricità, il gas naturale e l’acqua che consumano [Rosbalt, 14 settembre]. Fino ad ora, tali forniture sono state erogate con sussidi generosi.
Fin dal 1993 la popolazione del Turkmenistan ha usufruito del libero accesso a gas naturale (la maggiore risorse del Paese), acqua ed elettricità. L’offerta libera di queste risorse è associata in gran parte al presidente dell’era moderna, Saparmurat Niyazov (detto anche “Turkmenbashi”), che l’ha introdotta all’inizio per una durata di 10 anni e poi l’ha estesa fino al 2030. Nel 2007 il presidente Gurbanguly Berdimuhamedov, successore di Niyazov, ha deciso di mantenere i sussidi, ma ha fissato dei tetti massimi per il libero utilizzo: 120 litri di benzina gratuita al mese per ogni automobile privata, 35 kWh di energia elettrica a persona al mese e 600 metri cubi di gas naturale a persona ogni anno [Inozpress.kg, 25 settembre]. I cittadini del Turkmenistan quindi ora devono pagare il consumo di acqua, luce e gas oltre il limite mensile. Inoltre la popolazione – 5,2 milioni di persone – poteva contare su basse tariffe per utenze, trasporto pubblico, pane a basso costo e prestiti per il mutuo delle abitazioni.
Con Berdimuhamedov, in modo graduale il governo ha iniziato a mettere un freno ai sussidi. Negli ultimi otto anni, il prezzo della benzina è aumentato 10 volte, gli aiuti per comprare farina e carne sono stati ridotti all’inizio del 2012, le quote mensili di elettricità gratuita sono diminuite da 35 kWh a 25 kWh nel 2013, le dosi di carburante gratuito sono state abolite del tutto nel 2014, mentre il prezzo del gas naturale è salito da 20 manats () [poco più di 6 euro – ndr] per 1000 metri cubi di consumo al di sopra del massimo gratuito di 50 metri cubi a persona [Maplecroft.com, 24 settembre]. Il governo ha iniziato a ordinare l’installazione di contatori per l’acqua e il gas su tutto il territorio nazionale – cosa che i turkmeni non avevano mai usato prima.
A causa dell’attuale declino del prezzo del gas naturale e la conseguente dura riduzione nelle entrate per le esportazioni, è molto probabile che Ashgabat abolisca del tutto i sussidi – “rispondendo” al volere del popolo, come espresso dal Consiglio degli anziani.
Secondo alcune stime, il sistema di aiuti consuma più del 22% del Pil in Turkmenistan. Un rappresentante della Direzione regionale del Ministero dello sviluppo economico ha detto: “È giunto il momento di passare alle relazioni di mercato. Ora dobbiamo tutti imparare a pagare” [Inozpress.kg, 25 settembre].
Il gas naturale è ancora la maggiore risorsa del Paese e i sussidi alle famiglie hanno portato ad un consumo domestico eccessivo, con le persone che non spengono mai la corrente nelle case. Oggi il Turkmenistan consuma circa il 36,7% del gas naturale che produce, un numero elevato per una popolazione di 5,2 milioni di persone, anche se si considera la capacità di trattamento del gas locale.
Per esempio il Kazakhstan consuma il 24% della produzione di gas, ossia 4,6 miliardi di metri cubi (bcm) contro i 22,9 bcm del Turkmenistan [Bp.com, giugno 2015]. Perciò la riduzione del consumo di gas domestico potrebbe aiutare ad aumentare le esportazioni di gas.
Questo potrebbe essere molto vantaggioso dal momento che il Turkmenistan oggi affronta una drastica riduzione delle esportazioni di gas. Per il fatto che la Russia che ha deciso di diminuire l’acquisto di gas dalla repubblica centro asiatica a 4 miliardi di metri cubi per il 2015, il principale cliente su cui il Turkmenistan fa affidamento è la Cina. Su un totale di 48 bcm che estrarrà quest’anno, il Paese conta di fornirne 40 bcm alla Cina [Natural Gas Europe, 10 febbraio]. Allo stesso tempo, il commercio con la Cina non è redditizio: il governo di Ashgabat usa il volume di gas commerciato per ripagare il debito contratto con la China National Petroleum Corporation (Cnpc) per la costruzione del gasdotto tra la Cina e l’Asia centrale e lo sviluppo del giacimento di Galkynysh [Central Asia Policy Brief, giugno 2015].
La crescente dipendenza dalla Cina e la restrizione dei guadagni derivanti dalla vendita del gas, spingono il Turkmenistan a cercare nuove rotte di esportazione. Il progetto di gasdotto Turkmenistan–Afghanistan–Pakistan–India (Tapi) è forse l’unica assicurazione contro la prolungata crisi economica cinese. Il presidente Berdimuhamedov di recente ha annunciato che tutte le questioni pratiche per la realizzazione del Tapi sono state risolte [Trend.az, 18 settembre]. La costruzione del gasdotto dovrebbe iniziare a dicembre di quest’anno. Ma ancora alcuni esperti sollevano dubbi sulla fattibilità del progetto a causa delle rigide condizioni di investimento e per l’instabile rotta di transito attraverso l’Afghanistan [EDM,14 dicembre 2010; EDM, 28 luglio 2015 Christian Science Monitor, 25 settembre].
A prescindere dall’obiettivo di diversificazione del gas da parte del Turkmenistan, un programma economico – annunciato di recente da presidente – dà priorità allo sviluppo industriale, ad un programma di investimenti su larga scala e ad un insieme di misure di sostituti alle importazioni e promozione delle esportazioni, in particolare per l’agricoltura e la produzione alimentare [Gundogar-news.com, 10 settembre]. Questi sforzi per diversificare l’economia – che assomigliano a pacchetti politici di altri Paesi della regione dipendenti dall’energia come il Kazakhstan e l’Uzbekistan [EDM, 1 ottobre 2012; EDM, 19 novembre 2013; EDM, 6 luglio 2015; EDM, 18 settembre 2015] – sono lontani dall’essere effettivi.
Vincoli economici continuano a limitare lo sviluppo di questi settori privati dei Paesi [Maplecroft.com, 24 settembre]. Come il Kazakhstan, anche il governo del Turkmenistan fonda il suo contratto sociale con la popolazione sulla promessa di un benessere economico. E i sussidi sono la parte maggiore dell’ideologia di Stato, che afferma che il Turkmenistan è diverso dagli altri Paesi “capitalistici” della regione. A differenza dell’Uzbekistan, il Turkmenistan non ha un apparato statale efficiente che gli permette di avere pieno controllo sugli affari interni, nonostante le costanti purghe all’interno del governo e il coinvolgimento personale del presidente in molte questioni [oltre ad un’autoesaltazione della sua persona – ndr].
Non solo, i prezzi nel Paese potrebbero aumentare a causa della svalutazione della moneta nazionale, il manat, attuata l’1 gennaio 2015. Anche se fino ad adesso il controllo dei prezzi ha diminuito l’inflazione, gli effetti di pass-through [che calcolano l’intensità con cui una variazione del tasso di cambio si trasferisce ai prezzi delle importazioni denominati in valuta locale – ndr] della svalutazione del manat e gli inferiori sussidi di Stato per l’energia elettrica, il carburante e il trasporto pubblico potrebbero provocare un aumento marginale dei prezzi per il cibo, i materiali edili, i servizi e le utenze pubbliche [ADB Outlook, settembre 2015].
In una situazione di profonda diminuzione dei salari e bassa qualità nell’educazione e nel sistema sanitario, quello che resta da vedere è cosa le autorità potranno offrire alla popolazione per compensare la rottura del precedente contratto sociale.
(Per gentile concessione della Jamestown Foundation, traduzione a cura di AsiaNews)
13/02/2017 15:18
14/09/2018 14:32