Asean a Jakarta: sul tavolo crisi in Myanmar e dispute nel Mar cinese meridionale
L'Associazione delle nazioni del sud-est asiatico continua a essere divisa al suo interno: la presenza di regimi repressivi è motivo di sempre maggiore imbarazzo, mentre aumentano le pressioni per assumere una posizione netta sulla guerra in Ucraina. Per la Cambogia presente per la prima volta a un incontro di rilievo internazionale Hun Manet, il figlio del dittatore Hun Sen, per ora sempre rimasto vicino alla Cina.
Bangkok (AsiaNews) – È iniziato oggi a Jakarta e si concluderà il 7 settembre l’annuale vertice dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean), quest’anno sotto la presidenza di turno indonesiana. Come già in passato, i 10 Paesi membri si trovano divisi sulle questioni che riguardano i diritti umani e non trovano un punto di incontro in particolare sulla crisi del Myanmar, da oltre due anni afflitto da un conflitto civile.
L’Asean ricopre un’area geografica che ospita 670 milioni di abitanti e che lo scorso anno ha prodotto ricchezza per quasi 4mila miliardi di dollari. Si tratta nel complesso di una delle aree più dinamiche del pianeta, ma i problemi al suo interno fanno capo alla varietà di regimi politici e ai diversi sistemi economici che potrebbero essere in sintesi raggruppati in due blocchi: uno che comprende nazioni con un’economia sviluppata, o avviate a raggiungere tale obiettivo, sebbene con diversità consistenti (Singapore, Thailandia, Malaysia, Vietnam, Filippine, Indonesia e Brunei); e un altro di Paesi ancora distanti non solo da un reale sviluppo, ma anche dalla democrazia (Myanmar, Cambogia, Laos).
Finora l’organizzazione ha raggiunto una buona coesione nel facilitare il passaggio di beni e persone tra i Paesi membri, nella cooperazione economica e finanziaria, nei rapporti culturali, mentre le contraddizioni si fanno evidenti quando si passa al piano dei diritti umani e delle libertà, sia che si tratti di migrazioni per lavoro, del trattamento dei profughi o della lotta alle tratte transfrontaliere. La presenza di Paesi guidati da regimi repressivi è motivo di crescente imbarazzo
La crisi del Myanmar è messa inevitabilmente in risalto: i protagonisti del vertice restano divisi tra i fautori di un dialogo tra le parti birmane in conflitto per arrivare a una soluzione negoziata, e gli altri, che - con sempre maggiore difficoltà - perseguono ancora il principio di non ingerenza negli affari interni degli altri membri.
La debolezza politica del raggruppamento (frutto anche della mancanza di una comune visione strategica e di alleanze discordanti), ha portato sul tavolo del summit anche la questione irrisolta della disputa con la Cina riguardo le aree contese del Mar cinese meridionale, recentemente inasprita dalla diffusione di nuove mappe da parte di Pechino. Nelle nuove cartine sono infatti incluse aree non riconosciute internazionalmente, tra cui buona parte dello specchio di mare racchiuso tra diversi Paesi Asean (Vietnam, Filippine, Malaysia, Brunei) e che su di esso proiettano (come pure fa marginalmente Taiwan) le proprie acque territoriali e le proprie aree di interesse economico esclusivo.
Per la prima volta ha partecipato al vertice il nuovo premier cambogiano Hun Manet, figlio del dittatore Hun Sen, il quale per oltre un trentennio ha conservato il potere azzerando ogni opposizione. Secondo alcuni osservatori il figlio potrebbe aprire la strada a un “nuovo corso” non solo all’interno ma anche nei rapporti internazionali dopo che finora la Cambogia è stata sottoposta da Hun Sen alla tutela cinese.
Infine, otre a altri temi di evidenza regionale, inevitabilmente l’eco del lontano conflitto ucraino non potrà mancare di raggiungere Jakarta. I diversi rapporti dell’Asean con i due Paesi in conflitto e i rispettivi alleati hanno finora ispirato anzitutto cautela e richiami al dialogo, ma le pressioni interne e esterne all’organizzazione e ai suoi membri per una posizione più netta vanno crescendo.