Arrestato l’attivista ‘rapito’ e ‘torturato da cinesi’: la polizia dubita della sua versione
Videocamere di sicurezza a Yau Ma Tei mostrerebbero Howard Lam sempre solo, con indosso un cappello, una maschera chirurgica e occhiali da sole. Lui dice: Non sono io quello ripreso. Dottori dubitano della sua salute mentale. Ma il Partito democratico attende maggiori prove dalla polizia e difende ancora la versione di Lam. Prudente Carrie Lam, capo dell’esecutivo.
Hong Kong (AsiaNews) - Howard Lam Tsz-kin, l’attivista del Partito democratico che l’11 agosto aveva detto di essere stato rapito, picchiato e torturato da alcune persone “che parlavano in mandarino”, è stato arrestato ieri dalla polizia di Hong Kong che non trova convincente la sua versione e sospetta una manipolazione.
In una conferenza stampa, Howard Lam aveva detto di essere stato rapito a Yau Ma Tei, da probabili membri dei servizi segreti cinesi, picchiato e minacciato di non mettersi in contatto con Liu Xia, la vedova del premio Nobel Liu Xiaobo, lasciato morire in carcere di cancro all’ultimo stadio. Lam aveva anche mostrato segni di essere stato picchiato e segni di torture: decine di graffette infilzate sulle gambe, a forma di croce, perché - avevano detto i suoi rapitori - “tu sei cristiano e ti diamo la croce” (v. foto 1).
Il 14 agosto sera, l’agenzia FactWire ha pubblicato un servizio in apparenza contraddicendo la versione di Lam. Usando pezzetti di video dalle videocamere di sorveglianza a Yau Ma Tei essi mostrano Lam (foto 2) e poi un uomo con cappello, maschera chirurgica e occhiali da sole, che abbandona da solo Portland Street (la via dove secondo Lam egli sarebbe stato rapito), e si dirige verso la centrale Nathan Road (foto 3). FactWire conclude che “Lam appare da solo per tutto il tempo. Una revisione dei video di sicurezza mostra anche che non vi è alcuna persona sospettosa o possibile rapitore”.
Il giorno dopo, ieri alle 12.30, adducendo anch’essa la visione di alcuni video della zona, la polizia ha arrestato Lam: “Potrebbe aver dato false dichiarazioni e averci manipolato per deviarci”, ha detto la portavoce della polizia. Alle forze dell’ordine, Lam ripete che la persona che si vede in video “non sono io”.
Per i critici del governo, il caso di Lam era un’altra prova che le persone di Hong Kong non sono più sicure nemmeno nel territorio e che la Cina sembra ormai disinteressata a mantenere il principio “una nazione, due sistemi”. E sono in molti a ricordare il fatto dei cinque editori-librai, rapiti ad Hong Kong da poliziotti cinesi e portati in Cina per mesi, per poi rilasciarli dietro confessione-video.
Il Partito democratico difende la posizione di Lam, almeno fino a che la polizia non porterà prove più convincenti sulla pretesa macchinazione e ha difeso la decisione di tenere la conferenza stampa dell’11 agosto, prima ancora di denunciare alla polizia il rapimento e le violenze.
Alcuni medici hanno ipotizzato che Lam sia uno squilibrato mentale. Nel 2014 - malato di cancro alla tiroide - egli ha sofferto di depressione e avrebbe tentato il suicidio. Tam Tak-chi, un amico di Lam dal 2006 conferma che egli ha avuto problemi di depressione in passato, ma che ormai aveva superato. Lo stesso Lam, intervistato da una radio locale ha dichiarato: “Sono sano mentalmente. Non penso proprio di essere malato in qualche modo… Non ho alcuna paranoia o delusion persecutoria”.
Da registrare è la posizione salomonica di Carrie Lam, il capo dell’esecutivo di Hong Kong. Essa ha dichiarato di avere “piena fiducia” nell’inchiesta della polizia e non si è pronunciata a favore o contro l’interpretazione di Lam. “Il caso del sig. Lam - ha detto - è solo un caso sotto inchiesta della polizia. Dall’inizio fino ad ora non ho alcun coinvolgimento in questo caso, e ho piena fiducia che i nostri colleghi della polizia faranno un’inchiesta completa, naturalmente con la cooperazione della persona coinvolta”.
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