Legale della giornalista uccisa nel 2006: Rustam Makhmudov potrebbe essere processato e condannato, fermando così le indagini sui reali mandanti dell’omicidio, che rimarranno impuniti.
Mosca (AsiaNews) – L’arresto ieri del ceceno Rustam Makhmudov sospettato di essere il killer che nel 2006 uccise la giornalista d’inchiesta Anna Politkovskaya non è per forza una bella notizia per chi vuole far luce su uno degli omicidi politici che più imbarazzano il Cremlino sulla scena internazionale. A raccontarlo è Anna Statvitskaya, l’avvocato difensore della famiglia Politkovskaya. Ad
AsiaNews la legale - che rappresenta gli interessi dei due figli di Anja (come veniva chiamata da colleghi e amici la reporter) - spiega i suoi timori, all’indomani della cattura, dopo 4 anni di latitanza, del 37enne: “Il rischio è che ora venga processato e magari anche condannato, ma che rimanga solo un capro espiatorio. Con un colpevole dietro le sbarre - continua - le indagini per arrivare ai reali mandanti dell’assassinio potrebbero essere abbandonate e quello di Anna rimarrebbe un altro degli innumerevoli casi irrisolti in Russia”.
Il sospetto della Statvitskaya è condiviso dal figlio di Anja, Ilya, come pure da Sergei Sokolov vice direttore di Novaya Gazeta, il bisettimanale per cui la giornalista si occupava di politica, Cecenia, diritti umani e corruzione sollevando non pochi scontenti. “Chi ha sparato a mia madre è un criminale di basso livello, che non sa nemmeno chi ha ordinato la sua morte”, ha detto Ilya Politkovsky ieri a Interfax. Meno pessimista Sokolov anche se pieno di dubbi. “Sperare che Makhmudov possa incastrare chi ha voluto e programmato la morte di Anja è ridicolo - ha detto al giornale online Gazeta.ru - in questi casi di omicidio politico difficilmente in Russia si trovano e puniscono i colpevoli, ma il fermo potrebbe comunque portare più vicino ai mandanti”. “Il fatto che un ricercato internazionale come Makhmudov abbia potuto viaggiare tranquillamente tra Belgio e Russia in questi anni – nota Sokolov – fa intendere che l’uomo abbia appoggi ‘in alto’”.
Cinque anni di misteri
Classe 1958, la Politkovskaya aveva già subìto un tentato avvelenamento nel settembre del 2004, mentre si preparava a raggiungere Beslan per seguire il sequestro e il massacro degli ostaggi nella scuola del capoluogo dell'Ossezia del Nord. Nei giorni successivi alla sua morte, il Cremlino di Putin tacque, alimentando i sospetti che il vero mandante fosse proprio da cercare nelle stanze del potere. Per i difensori dei diritti umani, a volere fuori gioco la coraggiosa reporter che denunciava gli orrori commessi sui civili dalle forze speciali russe e dalle milizie del governo ceceno era il dittatore di Grozny, il filo-russo Ramzand Kadyrov ancora saldamente a capo della repubblica caucasica.
Nell’estate del 2007 vennero arrestate undici persone, compreso l'ex funzionario ceceno Shamil Buraiev. In autunno iniziò il processo a due autisti ceceni: Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, fratelli del presunto killer arrestato ieri, e a due ex agenti, l'ex dirigente della polizia moscovita Sergei Khadzhikurbanov e l'ex colonnello dei servizi segreti Pavel Riaguzov. I quattro imputati si dichiararono non colpevoli e nel febbraio 2009 vennero tutti assolti. A giugno la Corte Suprema russa annullò la sentenza di assoluzione ordinando la riapertura del processo, in cui le indagini su esecutori e mandanti sono state unificate.
A un anno dalle presidenziali, un caso da risolvere
Insieme a quello Khodorkovsky e Magnitsky, il caso Politkovskaya rappresenta una costante fonte di critiche a Mosca da parte della comunità internazionale , che vi vede l’incapacità o il disinteresse delle autorità russe a garantire la giustizia nel Paese. Ora, a sei mesi dalle parlamentari e a meno di un anno dalle presidenziali della primavera 2012, il Cremlino pare impegnato con vigore nella soluzione di delicati dossier che ancora ne compromettono l’immagine coi partner stranieri. Il mese scorso, il tribunale di Mosca ha condannato due nazionalisti russi per l’assassinio nel 2009 dell'avvocato per i diritti umani Stanislav Markelov e Anastasia Baburova, giornalista anche della Novaya Gazeta.