Arrestati 9 attivisti ‘in preparazione alla visita di Xi Jinping’ a Hong Kong
Gli arrestati sono tutti membri di gruppi che lottano per la democrazia. Si vuole “spaventare” l’opinione pubblica. La Cina esclude riforme politiche entro i prossimi 10 anni. La Ue: il suffragio universale darebbe più solidità al governo del territorio.
Hong Kong (AsiaNews) – Questa mattina un gruppo di nove attivisti – che avevano partecipato alle manifestazioni di Occupy Central, per chiedere democrazia nel territorio – sono stati arrestati. L’accusa è di aver partecipato lo scorso novembre a una protesta non autorizzata contro l’influenza di Pechino sulla Costituzione del Territorio (Basic Law).
Il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo cinese ha stabilito che ogni parlamentare di Hong Kong debba giurare fedeltà all’appartenenza alla Cina, escludendo ogni mira indipendentista. Il pronunciamento ha di fatto portato all’esclusione di due deputati, i giovani Sixtus Baggio Leung Chung-hang e Yau Wai-ching, rei di aver espresso un giuramento inappropriato. Il gruppo degli arrestati aveva manifestato contro tale esclusione.
Ieri sono stati arrestati i due parlamentari; oggi sono stati arrestati Derek Lam Shun-hin e Ivan Lam Long-yin, del gruppo Demosisto; Avery Ng Man-yuen, Dickson Chau Ka-faat e Chan Man-wai della Lega dei democratici sociali; Lo Tak-cheung e Sammy Ip Chi-hin del gruppo Studenti in lotta per la democrazia; Devon Cheng Pui-lun ex presidente del sindacato studentesco della Lingnan University. Molti degli attivisti erano già stati arrestati quest’anno e poi rilasciati su cauzione. A quanto pare il loro arresto oggi è dovuto al loro rifiuto di pagare una nuova cauzione.
Leung Kwok-hung (soprannominato “capelli lunghi” per la sua pettinatura), parlamentare della Lega dei democratici sociali, ha dichiarato che l’arresto è una “persecuzione politica” preventiva, per preparare le cerimonie del 20mo anniversario del ritorno di Hong Kong alla madrepatria, il prossimo primo luglio. Per l’occasione, sarà presente ad Hong Kong il presidente cinese Xi Jinping. Al South China Morning Post, Leung ha detto: “Lo scopo è far sì che tutti coloro che vogliono esporsi ed esprimere il loro punto di vista il primo luglio si sentano spaventati”.
Il ritorno di Hong Kong alla madrepatria è avvenuto nel 1997 sotto lo slogan “una nazione, due sistemi”, permettendo al territorio il mantenimento dello stile liberale nella sua società. Ma l’influenza di Pechino su Hong Kong è forte dal punto di vista economico e soprattutto politico. La Cina ha escluso il suffragio universale per il Legco (il parlamento di Hong Kong), come pure l’elezione diretta del capo dell’esecutivo. Proprio a causa di ciò, nel settembre 2014 vi fu un grande sit-in nelle zone centrali dell’isola, definito Occupy Central, che ha coinvolto almeno 800mila persone, che chiedevano l’elezione diretta del governatore.
Sebbene la Basic Law (la Costituzione di Hong Kong) affermi che si possa pensare a riforme politiche e democratiche dopo il 2006, la Cina ha sempre escluso tale possibilità. Il 22 aprile scorso, Wang Zhenmin, dell’Ufficio per le relazioni fra Cina e Hong Kong ha escluso che vi possano essere riforme politiche entro i prossimi 10 anni.
Proprio oggi, l’Unione europea, in un rapporto su Hong Kong, spinge le autorità a iniziare il processo della riforma elettorale, che darebbe molta più solidità al governo della città.
“L’Ue – dice il rapporto – incoraggia i governi di Hong Kong e della Cina a riprendere la riforma elettorale sulla linea tracciata dalla Basic Law e di giungere a un accorso per un sistema elettorale che sia democratico, onesto, aperto e trasparente”.
Si aggiunge che il suffragio universale darebbe al governo maggiore sostegno e legittimità dalla popolazione, per perseguire lo sviluppo economico e affrontare le sfide sociali quale le divisioni socio-economiche e quelle generazionali.