16/03/2020, 11.50
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Arcivescovo di Tokyo: Dolore per i 19 disabili uccisi. Ma la pena di morte per Satoshi Uematsu non risolve tutto

Nel 2016, Uematsu, 30 anni, ha ucciso e smembrato 19 disabili e feriti altri 25 perché essi “producono soltanto infelicità” e non c’è “nessun bisogno” che vivano. Questa idea è condivisa da molti in Giappone. La madre di una delle vittime: “Io ti odio moltissimo. Vorrei squartarti”.  Per mons. Kikuchi occorre “capire le ragioni che vi sono sotto questo cambio del valore dato alla vita umana nella società giapponese”.

Tokyo (AsiaNews) – “Ho profonda partecipazione per i 19 disabili uccisi in modo brutale da Satoshi Uematsu, ma mantengo la mia posizione e sono contrario alla pena di morte”.

È quanto afferma ad AsiaNews l’arcivescovo di Tokyo, Tarcisio Isao Kikuchi, dopo la condanna alla pena capitale di Satoshi Uematsu (v. foto), un giapponese di 30 anni, responsabile di aver ucciso e smembrato 19 persone disabili e di averne ferite altre 25.

Il 26 luglio 2016, Uematsu, armato di molti coltelli, è entrato nella Tsukui Yamayuri-en, una casa per persone in difficoltà a Sagamihara (prefettura di Kanagawa) e ha ucciso nel sonno smembrandole persone disabili lì ricoverate. Subito dopo si è consegnato alla polizia. Mesi prima egli aveva scritto al parlamento chiedendo il permesso di uccidere 470 persone gravemente disabili. Per Uematsu il Giappone dovrebbe diventare un Paese dove i disabili vengono eliminati per eutanasia, dato che essi “producono soltanto infelicità” e non c’è “nessun bisogno” che vivano.

“Non accetto per nulla le giustificazioni di Uematsu contro le persone disabili”, commenta mons. Kikuchi. Egli fa notare però che l’idea secondo cui “dovrebbero essere eliminati coloro che non sono capaci di provvedere a se stessi o non producono nulla nella società” è molto condivisa in Giappone.

“Sono rimasto scioccato sapere dai commenti sui social che un gran numero di giapponesi sostiene le idee di Uematsu. Questo disprezzo per la vita umana non è raro ormai nella nostra società”.

Sebbene la difesa abbia cercato di mostrare l’infermità mentale di Uematsu, che avrebbe agito sotto influenza di marijuana, egli è stato ritenuto colpevole “senza alcuna attenuante”.

Fra le persone che hanno partecipato al processo vi è la madre di Miho, una delle vittime, una ragazza di 19 anni. La donna ha dichiarato che Uematsu “non merita un futuro”. Secondo la televisione Nhk, rivolgendosi all’assassino ella avrebbe detto: “Io ti odio moltissimo. Vorrei squartarti. Perfino la peggiore pena sarebbe troppo leggera per te. Non ti perdonerò mai”.

“Comprendo i sentimenti del pubblico contro Uematsu – afferma l’arcivescovo – e il fatto che la maggioranza sostenga il verdetto della pena capitale. Ma proporre l’abolizione della pena di morte, o creare altri strumenti di punizione per crimini simili, come l’ergastolo, è molto importante. Possiamo diventare capaci di capire le ragioni che vi sono sotto questo cambio del valore dato alla vita umana nella società giapponese”.

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