Arcivescovo di Kirkuk: dietro le stragi, la lotta per il potere politico-economico
Kirkuk (AsiaNews) - In Iraq è in corso "una lotta fra i principali leader politici" e "i grandi partiti" per la conquista "del potere e dell'egemonia in campo economico". Così mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, nel nord dell'Iraq, commenta ad AsiaNews la serie di attentati che hanno investito ieri il Paese, provocando oltre 80 morti e 200 feriti per lo scoppio di 18 autobombe e 40 ordigni. Si tratta di uno dei più sanguinosi attacchi dalla partenza delle truppe statunitensi nel dicembre scorso. Gli attacchi bomba hanno colpito uffici curdi, pellegrini sciiti, agenti di polizia e civili sunniti; analisti ed esperti di politica locale ricordano gli anni 2006 e 2007, in cui sono morte decine di migliaia di persone e non nascondono il timore che il Paese possa di nuovo sprofondare in un conflitto etnico-confessionale sanguinario. E gli interessi delle potenze regionali nel panorama irakeno, basati sulla contrapposizione fra Arabia Saudita e Iran, contribuiscono ad alimentare la spirale di insicurezza e terrore.
"Ieri si sono ripetute bombe ed esplosioni dappertutto" racconta mons. Sako. "Gli attacchi hanno interessato la capitale Baghdad, Mosul, Hilla, Baaquba, Tikrit, Ramadi e Samawa" e anche a Kirkuk è morta una persona in seguito allo scoppio di tre autobombe, situate nei pressi della sede del partito democratico curdo della regione di Rahim Awa. "Nella deflagrazione - aggiunge il prelato - è rimasto ferito anche un giornalista cristiano". Nella capitale sono decedute almeno 30 persone, in maggioranza pellegrini sciiti, per lo scoppio di quattro bombe. A Hilla, a sud della capitale, due autobombe hanno preso di mira un ristorante frequentato soprattutto da poliziotti e agenti della sicurezza: 22 le vittime.
L'arcivescovo di Kirkuk ricorda che in Iraq vi è "un governo formato da soli otto mesi, ancora incompleto, e che già vogliono sfiduciare e cambiare". Egli spiega che "non c'è accordo e partecipazione" fra le fazioni politiche, che guardano in modo egoistico al proprio interesse piuttosto che al "bene complessivo" della nazione. "I curdi, una parte dei sunniti che fanno riferimento al partito Iraqiya e i sadristi - aggiunge mons. Sako - vogliono sfiduciare il premier Nouri al Maliki", che gode invece del sostegno della maggioranza "deli sciiti e di alcuni gruppi sunniti".
Al quadro politico interno, si aggiungono poi gli interessi delle nazioni dell'area Mediorientale. "Turchia, Arabia Saudita e Qatar - sottolinea il prelato ad AsiaNews - sono favorevoli al cambiamento, mentre l'Iran e gli Stati Uniti sono vicini all'attuale Primo Ministro irakeno". Questa duplice lotta intestina e internazionale, commenta, è "fonte di grande tensione" e "gli attacchi di ieri si inseriscono in questo contesto". Senza dimenticare, puntualizza, "quello che sta succedendo in Siria e in altri Paesi". "Ogni gruppo etnico o confessionale - conclude l'arcivescovo di Kirkuk - sta guadagnando un proprio spazio, si accaparra terreni e costruisce case e istituti per ostentare potere. Non è tempo per un cambiamento formale: anzi, si genera un vuoto di potere che porterà a un progressivo peggioramento delle condizioni di sicurezza".
Gli attentati sono un segnale ulteriore del conflitto profondo che vede opposte le varie etnie (arabe, turcomanne e curde) e confessioni che formano il Paese, un tempo riunite sotto la dittatura del rais Saddam Hussein e ora impegnate in una "guerra" intestina per la spartizione del territorio e delle ricchezze - petrolio e gas naturali - presenti nel sottosuolo (cfr. AsiaNews 10/01/2012 Il conflitto fra sciiti e sunniti, per la divisione confessionale dell'Iraq).